Cultura e Spettacoli

"Drive in", canzonette e bestseller. L'arte di essere nazionalpopolare

Poliedrico e capace di andare oltre lo sketch, Giorgio Faletti ha saputo reinventarsi tantissime volte, senza tanti snobismi. E l'ha sempre azzeccata

Giorgio Faletti era nato ad Asti il 25 novembre 1950
Giorgio Faletti era nato ad Asti il 25 novembre 1950

Giorgio Faletti - attore comico, scrittore di best seller e di canzoni, pittore - è morto a 63 anni all'Ospedale Molinette di Torino, in seguito a un tumore di cui soffriva da tempo. Maestro della «malinconia gioiosa», fu popolarissimo in tv al tempo di Drive In impersonando Vito Catozzo. I funerali si svolgeranno martedì alle 15 ad Asti, sua città natale.

Poliedrico. Aggettivo che per scrittori e artisti si spreca. Però per Giorgio Faletti, morto ieri al reparto di radioterapia delle Molinette di Torino dopo mesi di lotta con la malattia, è proprio quello giusto. Nella sua carriera si è mosso trasversalmente dal lazzo comico lanciato dal palco del Derby e dagli studi del Drive In per reinventarsi nel cinema anche, e soprattutto, con ruoli da cattivo (come in Cemento armato). È stato capace di commuovere l'Ariston di Sanremo con una canzone intensa come Signor tenente e ha prodotto romanzi di successo come Io uccido e Io sono Dio. Questo senza contare le sue sceneggiature, le sue mostre di pittura, o il fatto che fosse un pilota di rally così bravo da aver partecipato a due gare valevoli per la coppa del Mondo. Insomma, è davvero difficile condensare in una pagina il magma creativo che ribolliva dietro quegli occhi glacialmente azzurri, da cui spesso traspariva un'aria malinconica.
Era nato ad Asti nel 1950. Ecco perché la visione disincantata sulla provincia è stata sempre una delle colonne della sua comicità: «io sono di Passerano Marmorito, il paese è piccolo... la gente mormora». Si era laureato con poca convinzione in giurisprudenza, e aveva iniziato con moltissima convinzione la sua carriera come cabarettista al Derby di Milano. In quel periodo proprio lì si stava formando l'élite di una nuova surreale comicità: Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Paolo Rossi e Francesco Salvi. Il primo approdo in televisione avvenne invece ad Antenna 3 e poi transitò alla Rai: era il 1983, spalla di lusso di Raffaella Carrà in Pronto Raffaella?. Il vero successo arrivò però due anni dopo. Il Drive In di Antonio Ricci con la sua caleidoscopica sarabanda è il luogo ideale. Si parte con Carlino, lo scemo del paese politicamente scorrettissimo che ogni volta che scopre le marachelle erotiche della cognata («c'ha due roberti così...») ne ricava un «giumbotto». Seguirono Suor Daliso, il folle predicatore noto come il testimone di Bagnacavallo («Pentitevi! Sofocle e Gomorra... questo siamo diventati»). E poi arriva il suo personaggio più famoso: la guardia giurata Vito Catozzo. Le frasi tipiche del panciuto metronotte sono ancora celebri a quasi trent'anni di distanza: «Porco il mondo che c'ho sotto i piedi... Mia moglie Derelitta, un metro e quaranta di altezza per 140 chili».

Un successo enorme che però a Faletti iniziava a stare stretto. Non voleva essere inchiodato al ruolo dell'istrione. La prima via di fuga è la musica. Nel 1990 arriva il suo primo vero album, Disperato ma non serio. Già nel titolo si notava la voglia di smarcarsi da un ruolo. Testi come quelli di Cowboy e Ulula erano leggeri ma con un ampio respiro. L'anno dopo, nell'album Caterpillar di Mina, c'è una canzone, Traditore, col testo di Faletti che di comico non ha niente. Nel 1992 partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo in coppia con Orietta Berti con la canzone Rumba di Tango, inserita poi nel suo album Condannato a ridere (altro titolo indicativo). Poi nel 1994 arriva il momento musicalmente più felice. È secondo con Signor tenente che vince anche il premio della critica per i suoi precisi riferimenti alla strage di Capaci e innesca qualche polemica (qualcuno ebbe da obbiettare sui ripetuti «minchia» messi in bocca a un carabiniere). L'anno dopo torna all'Ariston con l'Assurdo mestiere e poi si dedica soprattutto al ruolo di autore per altri cantanti. Scrive per Angelo Branduardi tutti i testi di Il dito e la luna (memorabile quello della Comica finale: «Sono un buffone/ un fatto a sé/ fra quel che c'è e che non c'è... /e a volte ho pianto dal ridere».

Non è però l'ultima svolta di Faletti. Dopo aver a lungo faticato per esser preso sul serio, nel 2002 debutta con un romanzo thriller. L'esordio è clamoroso: nel 2002 Io uccido vende quattro milioni di copie, due anni dopo, Niente di vero tranne gli occhi conferma il successo. Quando nel 2007 nelle librerie arriva Fuori da un evidente destino, è un autore tradotto in 25 lingue, pubblicato praticamente in tutto il mondo. Fila meno liscia con Io sono Dio, nel 2009. Il libro balzò in cima alle classifiche ma alcuni traduttori professionisti, come Eleonora Andreatta e Franca Cavagnoli, segnalarono che molte espressioni del libro sembravano brutti calchi dall'americano, cosa un po' inspiegabile nel testo di un autore italiano. Ne nacque proprio una polemica tra Faletti e il Giornale, che segnalò (poi seguito da altre testate) la querelle. Sull'origine di quelle strane frasi non si arrivò mai a una risposta definitiva. Nei romanzi seguenti però Faletti abbandonò le ambientazioni americane, andando a pescare nella realtà che aveva vissuto.

Ora che non c'è più sono moltissime le voci che lo ricordano commosse e i suoi ultimi dolorosi messaggi sui social network o sul suo sito rimbalzano un po' ovunque. Ma alla fine per ricordare Faletti, un comico grandissimo che comico e basta non voleva essere e che si è messo alla prova cesellando la parola, val la pena di raccogliere alcuni versi della sua terza canzone sanremese, a torto trascurata dopo il successo di Signor tenente.

Diceva così: «Fa che la morte mi trovi vivo/ E se questo avverrà io ti prometto/ Che mille e mille volte ti avrò benedetto/ E se per caso non ci sei come non detto».

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