Cultura e Spettacoli

Il fascismo ostile alla fantascienza? No, erano gli editori a essere in ritardo

Tra le innumerevoli colpe attribuite al fascismo non si può aggiungere quella di aver ostracizzato e boicottato la narrativa fantascientifica straniera, specificatamente americana. Come invece lascia intendere l'introduzione del professor Carlo Pagetti all'ottimo saggio Fantascienza italiana (Mimesis) di Giulia Iannuzzi recensita su queste pagine da Luca Gallesi. Pagetti è un pionieristico critico della fantascienza in Italia sin dal suo Il senso del futuro (1970), nonché curatore delle opere di Philip K. Dick. Quindi ci si sarebbe aspettato da lui qualcosa di più approfondito e meno generico, tipo: «Solo allora \ la cultura italiana poté aprirsi a una molteplicità di influssi e di suggerimenti provenienti dal nuovo mondo americano, che \ era guardato con sospetto e perfino con disprezzo dal regime».

Si devono tuttavia precisare alcune cose per spiegare i motivi per cui la fantascienza “popolare” americana nata nel 1926, cioè quella delle riviste, non ebbe eco in Italia, perché è quella che conta e incide, non i grandi scrittori, come Huxley (ma anche altri) che Pagetti cita. Il fatto è, come dimostrano i dati e le tabelle pubblicati sin dagli anni Settanta da Micke Ashley nella sua History of Science Fiction Magazines , che in Europa uscirono riviste specializzate in sola fantascienza sino al 1940, e l'Italia non faceva eccezione, indipendentemente dalla ostilità o meno del regime. Ostilità che in realtà non esistette perché, come credo di aver ampiamente documentato nel mio Le aeronavi dei Savoia (Nord, 2001) in Italia essa era diffusa sin dall'inizio del Novecento: sia i supplementi dei grandi quotidiani, sia i settimanali che ospitavano narrativa pullulavano di racconti fantastici, fantascientifici e dell'orrore. Per non parlare di due testate che potremmo definire specializzate: il Giornale Illustrato dei Viaggi , quindicinale, e il mensile Il romanzo d'avventura , zeppi di questo genere di storie, e dove i romanzi a puntate erano soprattutto stranieri. Nessun ostracismo ufficiale, quindi, al genere in sé.

La mancanza di diffusione del genere “fantascientifico” in Italia in quel periodo fu quindi soltanto di tipo editoriale, né politico, né religioso, né sociale, né culturale. Fu un motivo squisitamente tecnico: come nel resto d'Europa. Mondadori credette al progetto di Alberto Tedeschi e pubblicò I Gialli. Avesse pubblicato anche, poniamo, I Rossi o I Blu dedicati alla fantascienza il gioco sarebbe stato fatto. Ci provò l'ingegner Armando Silvestri (1909-1990) il quale, avendo comprato i pulp magazines americani nelle edicole di Via Montenapoleone a Milano e Via Veneto a Roma, nel 1938 propose alla Editoriale Aeronautica di pubblicare quattro riviste, L'avventura , Avventure del mare , Avventure del cielo e Avventure dello spazio . Ovviamente venne accettata soltanto Avventure del cielo che uscì dal 1939 al 1941.

Fosse uscita anche Avventure dello spazio , la storia della fantascienza italiana in Italia sarebbe stata molto diversa.

Commenti