Cultura e Spettacoli

Da Fiorina a Carson: vincono quelli «contro»

È il giorno delle pagelle. Dal secondo dibattito dei candidati repubblicani alla Casa Bianca, undici sul palco della Ronald Reagan Presidential Library mercoledì sera, è emerso chiaro un dato. Le facce dell'anti-politica continuano ad avere la meglio sui politici di professione, anche negli Stati Uniti. Ha vinto, stretta nel suo vestito blu elettrico, la concentrazione empatica di Carly Fiorina: non un senatore, un governatore o una ex First-Lady, ma l'ex amministratore delegato di Hewlett-Packard. Ha navigato con sapienza le insidie di un affollato dibattito un anziano novellino della politica, il neurochirurgo Ben Carson. E benché per la prima volta abbia subito i colpi dei suoi più preparati avversari, è difficile pensare che la battaglia televisiva abbia provato il magnate Donald Trump, che domina sempre i sondaggi in campo repubblicano. I professionisti della politica, invece, come Jeb Bush e Marco Rubio, un ex governatore e un senatore, forti della loro esperienza o nell'amministrazione di un vasto Stato o a Washington, con piani e proposte concrete, manifesti e agende politiche sono rimasti anche a questa volta nel cono d'ombra.

Non accade soltanto in campo repubblicano: tra i candidati democratici, cresce con il passare delle settimane il sostegno per Bernie Sanders, un socialista indipendente che è un po' la versione americana di Jeremy Corbyn, il nuovo leader a sorpresa dei laburisti britannici. Sanders si è appena aggiudicato l'ultima copertina di Time («Socialize this, America»).

È il momento degli «anti-party men», ha scritto pochi giorni fa sul New York Times l'editorialista David Brooks: uomini anti-partito, anti-establishment come Trump, Carson e Sanders e quel Corbyn che oltreoceano ha conquistato il Labour dopo essere stato seduto per anni alle sue frange estreme. Si tratta di uomini con poca o limitata esperienza amministrativa e di governo, capaci però di crescere nei favori dell'elettorato. La loro rafforzata presenza «permette ai sostenitori di dire la loro, chiedere rispetto, esprimere risentimento», scrive Brooks.

Perché accade proprio ora? «Non significa - spiega sulla radio pubblica americana NPR la corrispondente politica Mara Liasson - che Trump, Carson, Bernie Sanders saranno nominati candidati, ma quando ci sono un periodo prolungato di stagnazione della classe media, stallo a Washington, un mondo in fiamme in cui la potenza americana sembra non poter far nulla, si ottiene molta volatilità politica.

Come mi ha detto un membro del Congresso democratico: “Trump e Sanders sono un grosso dito medio puntato verso Washington”».

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