Cultura e Spettacoli

A Frieze l'arte diventa gioco a colpi di fotografia e glamour

Da Carsten Höller ai giovani artisti britannici anni '90 si respira un clima effervescente. Un po' assenti gli italiani, svetta il designer Martino Gamper

A Frieze l'arte diventa gioco a colpi di fotografia e glamour

Se le opere d'arte sono giocattoli costosi per chi può davvero permetterseli, ecco che il primo impatto con Frieze rivela questa componente ludica. Lo stand di Gagosian, la più importante galleria al mondo con undici sedi sparse sul pianeta, presenta una specie di parco divertimenti dove i bambini possono giocare sotto la sorveglianza di una severa hostess. L'opera è di Carsten Höller, artista tedesco emerso negli anni '90 e considerato fin da allora una delle superstar del contemporaneo, anche se non di ultimissima tendenza.

In generale questa nuova edizione della fiera londinese decreta il rilancio dell'ultima generazione di artisti del novecento capace di dire davvero qualcosa di nuovo. Ci si accorge cioè che gli anni '90, in diversi campi della creatività, a esempio la musica, la moda e il cinema, furono profondamente innovativi in particolare in Europa prima dell'avvento della globalizzazione e dei nuovi mercati. Quelli che all'epoca avevano trent'anni oggi battono i cinquanta e sono comunque ancora tra i più attivi sulla scena. Tanta yBa (young British art) con Ceryth Wyn Evans, Sarah Lucas e il compianto Angus Fairhurst, forse il più bravo di tutti. Non hanno mai raggiunto i prezzi di Hirst ma sono comunque i testimoni di un tempo straordinario per l'Inghilterra.

Non a caso Frieze fu anche il titolo della prima mostra degli ex arrabbiati inglesi, e da lì prese il nome la rivista d'arte che fece da contraltare alla newyorkese Artforum . È insomma come rivendicare un ruolo generazionale a segnare un forte cambiamento che arriva fino a oggi. Anche americani e tedeschi degli anni '90 stanno avendo un importante rilancio critico e mercantile, mentre del tutto assente risulta l'arte italiana nonostante quello fosse stato un buon tempo pure da noi.

Chiediamo le ragioni di questo oblio a Franco Noero, uno dei nostri galleristi più internazionali con sede a Torino, presente a Frieze fin dal primo anno, nel 2003. Forse proprio il sopraggiungere e l'imporsi di altri Paesi emergenti ha relegato l'Italia nelle retrovie. Lui stesso punta sugli stranieri, pur proponendo opere di Francesco Vezzoli, Lara Favaretto e Martino Gamper, il designer altoatesino che passa come la new thing dell'arte italiana. Lui è uno dei pochi a essere presenti nelle gallerie straniere, il che dà la misura reale del successo, insieme a Marinella Senatore, concettuale con riferimenti alla politica. Chi ci ha visto giusto è Massimo De Carlo che da alcuni anni ha aperto una sede a Londra perché è qui che le cose accadono. In fiera ha puntato su valori stabili come Fontana e Dadamaino, lavori degli anni'50 e '60, ovvero quello che gli stranieri vogliono della nostra arte.

Rispetto ad Art Basel , Frieze non avrà i capolavori museali però restituisce un clima davvero energetico e positivo. «Cool and trendy» è la definizione giusta per una fiera che riesce a chiamare a raccolta quasi tutti i mostri sacri alcuni con stand davvero pazzeschi come White Cube e Victoria Miro mentre suona strana la scelta di Hauser & Writh di un allestimento caotico e confuso. Ciò che convince meno è la zona «Focus» dedicata alle giovani gallerie tra cui diverse italiane come la romana Frutta e la milanese Fluxia. Si ha l'impressione che l'arte di oggi sia debole, avvoltolata su se stessa, autoreferenziale e non si capisce se ciò sia davvero un carattere inevitabile dei nostri tempi oppure è solo la scarsa abitudine a confrontarci con questi oggetti, che magari come le canzoni nuove prima o poi ci entreranno in testa.

Alla ricerca di un ulteriore tocco di glamour, e nel tepore dello straordinario autunno londinese, ci incamminiamo per 15 minuti allo scopo di visitare Frieze Masters , non un semplice raddoppio della fiera ma una sezione nata nel 2011 allo scopo di dimostrare che tra passato, presente e futuro non ci sono differenze e che bisogna essere capace di guardare l'arte con libertà, senza preconcetti. Altre 140 gallerie espongono capolavori di tutte le epoche con un taglio curatoriale molto più evidente e stimolante, con scelte che vanno dai dipinti metafisici di De Chirico a quelli optical di Bridget Riley, dall'antiquariato al minimalismo, dal pop americano di Wayne Thiebaud (importante il suo rilancio sul mercato) alla fotografia di moda.

Intanto per tutta Londra musei e gallerie danno il meglio per offrire tutto ciò che si può desiderare dall'arte.

Un weekend non basta, a costo di sacrificare molto, ed è uno choc pensare che in valigia il biglietto di ritorno ci aspetta, inesorabile.

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