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"Je suis Charl-ISIS", la satira vista dai giovani islamici

Il mondo arabo deve imparare a ridere anche di sé. A Milano un gruppo di giovani musulmani ci sta provando. Mettendo al bando ogni fanatismo

"Je suis Charl-ISIS", la satira vista dai giovani islamici

«Je suis Charl-ISIS» è una testata provocatoria: i terroristi dell'ISIS non c'entrano nulla. Qui si fa satira. Si disegnano vignette. Come accadeva, prima di quel maledetto 7 gennaio, nella redazione di «Charlie Harbo», e come, fortunatamente, continuerà ad accadere. Ma qui, nello scantinato di «Charl-ISIS», siamo dall'altra parte della barricata. Qui siamo nel laboratorio di quello che sogna di diventare il primo giornale satirico islamico d'Italia. Forse del mondo. Operazione complessa, visto che tradizionalmente la satira «halal» risulta più rara di un gol di Balotelli nel Liverpool; altro che fare gli spiritosi: in nome della sharia, chi sfotte la religione rischia la pelle. Ma qui, per fortuna, siamo a Milano (zona via Padova) in un sottoscala «segreto» arredato con poco: tavolo, Corano, sedie, televisore, pila di giornali e qualche matita. Le stesse matite, simbolo di libertà, che in questi giorni vediamo spuntare un po' ovunque. Ma qui, nel covo degli «jihadisti» della satira, le matite vogliono disegnare qualcosa di inedito. Immaginando di tratteggiare il profilo di un Islam che rida degli infedeli, ma - ed è questo lo straordinario «germoglio» rivoluzionario - anche un po' di se stesso. La satira come passepartout per entrare nelle contraddizioni del regno di Dio ma pure in quello di Allah. Da «la sai l'ultima» sul profeta Isaia, a «la sai l'ultima» sul profeta Maometto. Fondamentalismo dissacratorio. Perché - come diceva Victor Hugo - «è dall'ironia che comincia la libertà': seme rimasto finora secco nei campi aridi di chi prega rivolto alla Mecca, ma che proprio per questo bisogna continuare a innaffiare. L'obiettivo di «Charl-ISIS» è sensibilizzare i musulmani all'uso di armi pacificamente micidiali come la risata, lo sberleffo, l'ironia, il sarcasmo che sanno bucare corpo e anima più dei vili proiettili di un kalashnikov. La pensano così i 5 redattori-«kamikaze» di «Je suis Charl-ISIS»: tutti di fede musulmana, poco più che ventenni, regolarmente nel nostro Paese dove studiano o lavorano. Cultori del ridicolo trasversale. L'opposto dei vignettisti, professionisti della strip ideologizzata. Questi di «Charl-ISIS» sono giovani global cresciuti a kebab e coca cola, con la kefiah e il moncler. La carneficina di Parigi li ha scossi. Da qui la decisione di combattere una battaglia con lo strumento libertario della satira. Benvenuti nel primo «laboratorio» di vignette «islamically scorrect». «Una risata vi seppellirà...» è scritto all'ingresso del garage-tipografia. Quel «vi», si riferisce probabilmente a noi occidentali, ma pure alla galassia araba risucchiata dai buchi neri dell'ISIS o di Al Qaida. Abbiamo partecipato alla prima riunione di redazione di «Charl-ISIS», condividendo idee, strategie e piano editoriale. Beh, «piano editoriale» è una parola grossa, considerato che i 5 pionieri di «Je suis Charl-ISIS» partono da un budget di appena 250 euro, frutto di un'autofinanziamento di 50 euro a testa: il minimo indispensabile per comprare un po' di strumenti di lavoro: carta, penne, matite, colori, colla, spillatrice e addirittura un computer di seconda mano (anzi, di secondo mouse). Con tutto questo ben di Dio - pardon, ben di Allah -, è stato buttato giù il numero zero di «Je suis Charl-ISIS» che ha in «copertina» (in realtà si tratta della prima di una serie di una decina di pagine fotocopiate in ciclostile tenute assieme da una graffetta) un fotomontaggio «caravaggesco». L'immagine è infatti quella di Davide che tiene per i capelli la testa di Golia dopo avergliela tagliata con un colpo di spada: qui però Davide assume le sembianze del califfo capo dell'ISIS, mentre il capo mozzato di Golia è trasfigurato in quello sanguinante dell'ex direttore di «Charlie Hebdo». Un'immagine volutamente forse che però vuol segnare le distanze dall'ISIS dei killer. Un collage offensivo? Forse sì, ma comunque non meno insultante di alcune copertine della rivista francese il cui nuovo numero da un tre milioni di copie verrà distribuito domani anche in Italia. Nelle stesse ore il ciclostile di «Je suis Charl-ISIS» sarà volantinato a mano in poche centinaia di fogli. Censura permettendo. Ma se oggi tutto il mondo grida «Je suis Charlie», non si capisce perché l'appello non debba valere anche per «Charl-ISIS».

Salvo ammettere che viviamo in un mondo di ipocriti, dove neppure la libertà di satira è uguale per tutti.

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