Cultura e Spettacoli

«L'antiscienza è anticapitalismo col bollino “bio”»

Malgrado innumerevoli rivoluzioni scientifiche abbiano modificato la nostra conoscenza dell'universo, per i letterati il mondo è rimasto fermo al Medioevo. O peggio: non sanno chi siano Bohr o Hubble, e il cielo è ancora lo stesso di Platone o Dante. Al massimo le stelle evocano un pensierino sulla legge morale di Kant. Insomma, non c'è uno scrittore italiano con il quale intavolare un discorso simile, il che mi fa sentire orgogliosamente, ma anche disperatamente solo. Finché non mi sono accorto che uno c'è eccome. Così vado a parlare con Piersandro Pallavicini, autore raffinatissimo di romanzi dall'eleganza linguistica arbasiniana e, sorpresa, professore universitario di chimica.

Stai scrivendo un romanzo che ha come tema centrale la scienza. Puoi dirmi qualcosa di più?

«Vorrei raccontare il punto di vista dello scienziato, cioè uno sguardo cartesiano, lucido, senza illusioni, votato all'essenzialità e alla sintesi tipici degli scienziati».

Invece i letterati rispecchiano l'ignoranza comune, che si affida a ciò che è «alternativo». L'eterno ritorno di Rousseau, la bontà della natura contrapposta alla civilizzazione cattiva, l'influenza della religione. Che ne pensi?

«L'antiscienza è tristemente trasversale. Se il ritorno rousseauiano a una natura a-tecnologica è stato un leitmotiv della gauche caviar dagli anni '80 a oggi (che ha fatto la fortuna dei cosiddetti cibi “bio”, dell'aromaterapia, dei bagni di fieno, delle scarpe di lusso in similpelle...), l'attacco alla sperimentazione sugli animali o agli Ogm ha riguardato anche la destra (italiana). Mentre riesco a capire con facilità da dove venga l'atteggiamento gauche , mi è meno chiaro quello droit . Senza contare gli isterismi antipolitici e antiscientifici come i 5 stelle».

Io ci vedo la solita ideologia anticapitalista, antimodernista, che appartiene al marxismo ma anche a un certo tipo di ideologia conservatrice.

«Credo ci sia anche una sensazione di inadeguatezza. La convinzione che non sia colpa nostra, ma che “ci stanno fregando”. Che pochi, potenti, cattivi cerchino di dominare il mondo con l'uso criminale della tecnologia».

Fa ridere questa divisione entrata nel discorso comune tra «chimico» e «naturale». Come se la natura non fosse chimica.

«A me più che ridere fa rabbia, figurati, sono un chimico. Tutto è chimica: l'aria, l'acqua, le piante, i sassi, i vini “bio” e i formaggi di fossa sono fatti di molecole. Noi siamo fatti di molecole. Ci riproduciamo, cresciamo, ci curiamo, moriamo, grazie a reazioni chimiche. Pensiamo grazie a reazioni chimiche. Proviamo sentimenti grazie a reazioni chimiche. Ma quando dici “chimica” scatta il collegamento con le emissioni di smog e i reflui scaricati nell'ambiente. È come pensare che gli omicidi da arma da taglio sono colpa della metallurgia e gli incidenti d'auto della cinetica».

La scienza è lo spauracchio dei letterati. Ho letto recentemente perfino Aldo Busi stigmatizzare la «fede nella scienza». Senza rendersi conto di usare un'espressione inventata dalla religione.

«Credo che Busi intendesse dire che uno scrittore deve essere Aldo Busi oppure non scrivere. La scienza è fatta di osservazioni ripetute sistematicamente, che portano all'elaborazione di modelli e teorie che vengono riverificate con nuovi esperimenti.

Previsioni che si avverano, e se e quando non lo fanno, il mondo scientifico è pronto a rivedere la teoria fin lì data per buona».

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