Cultura e Spettacoli

L'infinita strage di cristiani (dal Caucaso a Siria e Irak)

Il massacro armeno del 1915, la lunga odissea degli assiro-caldei e la tradizione dei copti sempre minacciata. Ecco la lunga «via crucis» del Medio Oriente SOSTIENI IL REPORTAGE SUI CRISTIANI PERSEGUITATI

L'infinita strage di cristiani (dal Caucaso a Siria e Irak)

Dispersi. Eternamente martiri. Di certo dotati di una fede enorme passata attraverso secolari tribolazioni che l'hanno forgiata nel sangue. Altrettanto certamente dimenticati, negletti perché dalla parte sbagliata di un confine, perché sommersi dalle onde della storia che hanno decretato che in quella parte del mondo i vincitori fossero altri.

Sono i cristiani d'Oriente, gente che adora la Croce all'ombra della Mezzaluna. Di loro si parla soltanto se il massacro raggiunge una contabilità esorbitante. Come quando nel dicembre 2010 un attentato alla chiesa dei Santi di Alessandria d'Egitto causò più di venti morti. Intervennero, a parole, in molti, a partire da Sarkozy - «Non possiamo accettare quello che appare sempre di più come un piano particolarmente perverso di epurazione religiosa in Medio oriente» - ma, nei fatti, la strage è silenziosamente continuata, in un crescendo, sino a oggi. Basta fare l'esempio della Siria, dove la mattanza si è fatta tremenda. Secondo il World Christian Database dell'Università di Oxford i Cristiani erano il 15% della popolazione. Potrebbero essere ridotti all'1,32% entro il 2050. E negli altri Paesi dell'area la tendenza è la stessa, se non peggiore.

Ecco allora che alcune iniziative culturali che cercano di farci allungare lo sguardo verso questi cristiani minoritari, a volte eterodossi e sempre portatori di tradizioni antichissime, diventano un segnale prezioso. Da venerdì si apre al Vittoriano di Roma la mostra Parabole d'Oriente. Il Cristianesimo alla sfida del nuovo millennio (a cura di Vartan Karapetian e Renata Ferri, catalogo omonimo stampato dalla Società editrice fiorentina). Un'imponente mole di fotografie scattate da Michele Borzoni - ha dedicato più di tre anni alla loro realizzazione - e accompagnate dai testi di Andrea Milluzzi documenta la struggente agonia di un mondo.

Immagini e parole tengono cucite assieme centinaia di storie. Dalle sconfortate suore irachene che vagano per la chiesa distrutta Mitraniat al-Kildan alla totale scomparsa dei cristiani dalla città siriana di Homs. Erano 60mila prima che iniziassero gli scontri tra i lealisti di Assad e i ribelli, tra cui spiccavano i sunniti integralisti. Alla fine dell'assedio della città i cristiani rimasti erano 60.

Ma non solo distruzione. La mostra cerca anche di documentare la voglia di vivere, l'ostinazione alla normalità di moltissime di queste comunità. Come la foto (che vedete in questa pagina) di un bambino copto che gioca sulla grande scultura a forma di pesce all'ingresso della chiesa nella caverna di «Garbage City», alla periferia del Cairo. La chiesa ha file di posti a sedere scolpite nella roccia sotto la volta della montagna. Stendendosi sotto la cupola è possibile vedere la figura del santo scolpito nella roccia. Attorno però ci sono tonnellate e tonnellate di rifiuti, visto che i copti per sopravvivere sono da tempo immemore ridotti a fare gli spazzini della città. E ora si cerca di rendergli difficile anche questo lavoro e di allontanarli dal loro santuario.

Un altro strumento utile per capire la condizione di questi cristiani dimenticati lo si trova nelle pagine del nuovo numero della rivista Vita e Pensiero: l'articolo di Claire e Joseph Yacoub Che fine hanno fatto i cristiani del Caucaso? racconta le peregrinazioni della popolazione degli Assiro-Caldei che emigrarono verso il Caucaso dopo essere stati stritolati nelle guerre che contrapponevano l'impero turco ai suoi molti nemici. Il culmine arrivò con la salita al potere dei Giovani Turchi che fecero terra bruciata nei territori armeni e assiro-caldei.

Degli altri esiti della diaspora provocata dal genocidio del 1915 si è parlato molto. Di coloro che scelsero la fuga verso i territori allora controllati dall'Impero zarista (Georgia, Armenia, Azerbaijan, Caucaso del nord) molto meno. Il loro destino è ancora oggi difficile da ricostruire. Una sola la certezza: chi sfuggì alla turchizzazione forzata finì in un altro girone dantesco. Con lo scoppio della rivoluzione bolscevica i soldati russi abbandonarono molti dei territori a sud dell'impero. Gli ottomani ne approfittarono per massacrare ancora. E poi il regime comunista fece di tutto per assimilare chi era riuscito a sfuggire alla morte. «Le loro chiese vennero chiuse, le libertà represse. Durante il terrore staliniano subirono una repressione feroce e diversi tra loro furono deportati in Siberia».

Una dispersione così violenta che al giorno d'oggi è persino difficile censirli. Un popolo che rischia di non essere più un popolo, un popolo a cui hanno cercato di strappare la religione, che era la sua identità. E i casi di persecuzione dei cristiani sono numerosissimi, tanto che l'elenco potrebbe estendersi oltre i territori citati sin qua. Basti pensare alla difficilissima condizione dei cristiani maroniti in Libano. Però in loro favore l'Occidente, in maggioranza cristiano, difficilmente si muove. Pesa il senso di colpa per il colonialismo, la paura di far sembrare questo intervento una nuova crociata. Però così c'è chi paga, abbarbicato a una chiesa distrutta, un prezzo altissimo per i pudori e i calcoli della politica. L'Occidente per farsi perdonare, a volte non si sa esattamente cosa, porge la guancia altrui. La guancia di chi non può difendersi.

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