Cultura e Spettacoli

Macerata, una regia troppo "creativa" per Tosca

Per uscire dal banale, Ripa di Meana riempie la recita di luoghi comuni. Buona la compagnia di canto, un po' esangue la direzione della coreana Sun Kim

Macerata, una regia troppo "creativa" per Tosca

L'idea di partenza era buona, muovere gli eventi nel tempo per dimostrare come l'immutata arroganza di un potere fuori controllo, peccato Franco Ripa de Meana si sia concesso qualche divagazione in più del dovuto, rimediando nella regia di Tosca allo Sferisterio anche qualche segno di penna rossa. Buona nel complesso la parte musicale, la compagnia era stostanzialmente in ordine e la direttrice Eun Sun Kim ha svolto il suo compitino, anche se un po' più di nerbo non avrebbe guastato.

Ultima recita venerdì 8 agosto per il dramma di Giacomo Puccini, scelto dalla direzione artistica dello Sferisterio per raccontare con donne, le tre direttrici, storie intense di donne. E quanto a intensità Tosca ha pochi rivali. Una vicenda ambientata nella Roma del 1800, con i bieco capo della polizia che usa il potere a suo vantaggio, soprattutto per cercare di concupire Tosca. Per questo Ripa de Mena sposta via via avanti l'azione, così il secondo atto ci porta nel'Italia umbertina e il terzo in quella fascista. Con qualche sbavatura. Va bene far lavorare Cavaradossi su cartoncini, risparmiando l'impalcatura, va bene Scarpia che offre l'acqua benedetta senza aver intinto la mano nella bacinella. Ma fa passare Scarpia per un amante del sesso estremo con tanto di frustino e manette ci sembra un po' troppo banale. Ancor di più tagliare la scena delle candele e del crocefisso sul corpo del defunto barone, ormai da tutti considerato come un inutile orpello. Errore tragico. Tosca la pia e la devota ha appena bestemmiato "nell'ora del dolore perché signore me ne remuneri così" e scannato Scarpia "deve" perciò riconciliarsi con Dio. E senza candele e icrocefisso non c'è segno di richiesta di perdono.

Sul palco nel frattempo la compagnia se la cava con grande impegno. Luciano Ganci ha un bella voce maschia e pastosa, ma all'inizio di perde un po' negli acuti prendendo qualche cantonata, forse per colpa della voce non ancora sufficientemente riscaldata. Si salva con un ottimo terz'atto. Susanna Branchini e una Tosca convincente, un po' meno Marco Vratogna sembrato in qualche occasione in debito di ossigeno. Bene il sagrestano di Roberto Abbondanza un po' meno l'Angelotti di Massimiliano Catellani.

Puntuale e precisa la direzione della coreana Sun Kim, però un po' troppo esangue, proprio nella più fosca e cupa opera pucciniana.

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