Cultura e Spettacoli

"Il male": ad Arezzo la mostra fotografica di Ivo Saglietti

La mostra ripercorre il viaggio della morte di milioni di persone verso Auschwitz e Birkenau. Sarà visitabile dal 9 al 20 novembre presso la Galleria Bam di Arezzo

"Il male": ad Arezzo la mostra fotografica di Ivo Saglietti

Dal 9 al 20 novembre 2019, presso gli spazi della Galleria Bam di Arezzo, in via Newton 23, sarà possibile visitare la mostra fotografica "Il male", a cura di Ivo Saglietti, già vincitore del World Press Photo e oggi fotoreporter di InsideOver.

Con toccanti immagini in bianco e nero, Saglietti ripercorre il viaggio della morte che milioni di persone furono costrette a fare a cavallo della Seconda guerra mondiale. Quell'itinerario a senso unico che portò uomini, donne e bambini nei campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. In molti persero la vita lì dentro, come Michalina Petrenko, una contadina polacca dal "volto dolce" di appena 13 anni, entrata nell'inferno dei lager il 13 dicembre 1942 e morta quasi due anni più tardi, il 13 agosto 1944, senza un motivo che potesse giustificare tutto il male gratuito ricevuto.

Il primo viaggio effettuato da Saglietti in Polonia risale al 1996. Partì con il padre per Cracovia, con l'obiettivo di rintracciare la tomba dello zio, caporale maggiore della divisione cuneense. Il nome di quest'ultimo apparve su una lapide limitrofa a una fossa comune tedesca; si trovava lì insieme a oltre 2mila soldati provenienti dalla Germania. Anni dopo, Saglietti decise di fare altri tre viaggi in Polonia, tutti con il treno, di notte e a gennaio, attraverso un'"Europa indifferente", e toccando gli stessi luoghi attraversati dalle vittime della "soluzione finale" nazista.

La mostra penetra con un linguaggio descrittivo, a tratti poetico e malinconico, nel cuore dei luoghi della morte del XX secolo. Ad Auschwitz rimane un binario arrugginito "che finisce nel nulla" e fa impressione, mentre la neve ricopre interamente il paesaggio con uno spesso strato bianco. “Io, in questo luogo e in quegli anni, chi o cosa sarei stato?”, si chiede Saglietti.

Tra poesia e narrazione

Il racconto fotografico entra nel vivo e il climax raggiunge l'apice. Gli ospiti dei campi arrivano in ordine sparso, vengono radunati e smistati. Prima però vengono privati delle loro scarpe, delle loro valige, dei loro occhiali. Indossano tutti un paio di zoccoli e un'uniforme a righe: da persone sono state trasformate in un nulla più assoluto.

Il "male" è rappresentato da Adolf Eichmann, principale responsabile del piano nazista che avrebbe dovuto sterminare gli ebrei in Europa. Ma il "male" ristagna anche nei singoli particolari che si possono scorgere osservando i lager: il filo spinato, l'ordine geometrico dell'ambiente, tanto che Saglietti arriva a sostenere che “solo una mente perversa portata allo stremo poteva riuscire a mettere insieme un simile ordine”, un semplice ufficio (“che succedeva? Chi c'era?”), i camici bianchi dei medici, le siringhe, una vasca con le uniformi da campo.

Tutto rimanda al "male". “Il male di cui sto parlando – conclude Saglietti, citando alcuni versi contenuti nel romanzo "Cani Neri" di Ian McEwan - è qualcosa che ciascuno di noi si porta dentro. Si impadronisce del singolo individuo, nel privato, nella famiglia stessa. E poi sono proprio i bambini a farne di più le spese. E poi, quando vengono a crearsi le condizioni adatte, anche in tempi diversi, si scatena una crudeltà irrefrenabile che va contro la vita. E l'uomo si sorprende della propria immensa capacità di odiare. È qualcosa che torna a nascondersi e aspetta ma ce l'abbia nel cuore”.

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