Cultura e Spettacoli

La morte di Gabo è anche la rinascita della Letteratura

Gli omaggi giunti da tutto il mondo all'autore colombiano dimostrano il valore assoluto della grande scrittura. E la sua perenne resurrezione

La morte di Gabo è anche la rinascita della Letteratura

Realismo magico. La contraddizione in termini che è stata la cifra poetica di Gabriel García Márquez si è riverberata sulle reazioni alla sua morte. Tutto il mondo latino-americano lo ha abbracciato come si abbraccia un nonno malato, un patriarca portatore non di demenza ma di saggezza senile. Che cosa significa questa ecumenicità di affetti? Questa trasversalità di riconoscenza che vediamo in queste ore anche oltre i confini della sua patria diffusa, nei confronti di un uomo che pure, dal punto di vista politico, s'era schierato e dunque pagava fatalmente il dazio di un'etichetta (peraltro scomoda)?

In termini generali, i saluti commossi a Gabo sono un buon segno per la Letteratura, per la sua persistenza oltre le mode del momento. L'ultimo suo romanzo, Memoria delle mie puttane tristi, è datato 2004. Dieci anni di solitudine ci separano quindi dalla sua uscita. Negli ultimi tempi del suo autore si è parlato quasi unicamente in termini clinici: bollettini medici, speranze di ripresa, convalescenze. Non era più uno scrittore da copertina. E allora come mai tutti si ricordano con piacere di lui? Se ne ricordano perché la Letteratura, ecco il punto, quando è vera Letteratura, non è un genere di consumo, non reca sulla confezione una data di scadenza. Buon segno, dunque: vuol dire che esiste un presente e un futuro anche per il passato.

E nel caso specifico, tornando all'uomo e all'artista che ci ha lasciato, qual è la portata del coro in suo onore? È lì, in quelle due parole, in un ossimoro che sintetizza, ancora una volta, la Letteratura non, questa volta, come semplice esercizio creativo, bensì come destino umano. Perché tutto l'agire umano è realisticamente magico o magicamente realistico. Lo è la scienza con le sue conquiste inaspettate e talvolta casuali, lo è la tecnologia con le sue invenzioni che superano la fantasia, lo è la storia con i suoi intrecci bizzarri, lo è persino la cronaca con le sue notizie grottesche. Lo spettacolo fatto di tweet, di manifestazioni spontanee, di articoli, di rimembranze, di peloso presenzialismo anche, di popoli e di élites, che cos'è se non uno scenario che ci fa pensare a I funerali della Mamá Grande? «Questa è, increduli del mondo, la veridica storia della Mamá

Grande, sovrana assoluta del regno di Macondo, che visse in funzione di dominio per 92 anni e morì in odore di santità un martedì dello scorso settembre, e ai funerali intervenne anche il Sommo Pontefice», scriveva Gabo nel famoso racconto. Un funerale che sa di Pasqua più che di Carnevale. Una resurrezione triste e gioiosa, il ricongiungimento a un lontano eppure vicinissimo parente. Questa magia è reale, una processione di sentimenti, da Shakira ai capi di Stato, dall'amico-rivale Vargas Llosa alle farfalle gialle ritagliate nella carta da anonime mani e apposte sul petto come pacifiche medaglie dalla gente di Aracataca, la «vera» Macondo.

«Aveva sentito dire che la gente non muore quando deve, ma quando vuole...», leggiamo in Il mare del tempo perduto. Ma questa volta dobbiamo (vogliamo) dissentire da Gabo anche per il rispetto che gli portiamo. Forse, quando pochi giorni fa aveva detto ai giornalisti che erano corsi al suo capezzale «ma che fate qui? Andate a lavorare», pensava, come il colonnello Aureliano Buendía, che «il segreto di una buona vecchiaia non è altro che un patto onesto con la solitudine». Il secolo che ci ha narrato usando il disincanto dell'immaginazione non è trascorso invano, se ora ce ne ricordiamo. «L'incredulità resiste più della fede, perché si sostenta dei sensi», ha spiegato in Dell'amore e di altri demoni. Ma se non è con incredulità che abbiamo appreso la notizia della sua partenza, possiamo dire di averlo fatto usando tutti i sensi di quella latinità fatalista, di quella solarità malinconica, di quella fisicità rappresa nelle parole dei suoi libri.

Partiti dalla Letteratura, alla Letteratura si torna in compagnia di Gabriel García Márquez, nel circuito chiuso della vita. Soltanto stando lì dentro è possibile uscire dal nostro stato allegramente comatoso. «“Non ho la forza per contrastare la volontà di Dio”. “Allora se la faccia venire” disse Abrenuncio.

“Forse un giorno Dio gliene sarà riconoscente”».

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