Cultura e Spettacoli

La musica di Scruton che illumina l'Uomo

La musica di Scruton che illumina l'Uomo

La voce del popolo è la voce del diavolo, se è arte non può essere per tutti e se è per tutti non è arte. Per Richard Strauss, Schoenberg avrebbe fatto meglio «a spalare la neve piuttosto che a imbrattare carta pentagrammata». Quest'ultimo si propose infatti di sovvertire e liquidare le regole musicali tradizionali. All'inizio del '900, la musica tonale era stata degradata da tutta una serie di cliché e anche il linguaggio romantico pareva avesse esaurito il suo compito. Schoenberg considerava la tonalità come un vero e proprio sistema, una serie di regole grammaticali che non era possibile rinnovare con nuove forme ritmiche e melodiche: era necessario agire più in profondità. Per questo elaborò il suo «metodo di composizione con dodici suoni in relazione con se stessi», una nuova grammatica musicale. Ma il sistema seriale rimase un artificio meramente intellettuale. La tecnica seriale non era il risultato di un dialogo spontaneo fra compositore e pubblico: si collocava in un vuoto, come esperimento astratto del pensiero. Tale è il giudizio che dà di quella esperienza Roger Scruton in uno dei saggi che compongono il suo Comprendere la musica. Filosofia e interpretazione (Cantagalli). Il libro del filosofo inglese ritorna nella prima parte («Estetica») sulle tesi già esposte in The Aesthetics of Music (1997). Qui affronta numerosi temi dell'estetica musicale (suoni, movimento, espressione, ritmo), sviscerando i vari argomenti e presentando il proprio punto di vista. È tuttavia nella seconda parte («Critica») che esce lo Scruton brillante pensatore «conservatore» a tutto tondo. Ciò anche come logica conseguenza del modo in cui egli guarda alla musica classica occidentale: come a «parte di un più ampio tentativo di far luce sulla condizione umana». I singoli saggi, apparentemente distinti, s'intrecciano però in maniera non esplicita. I due capitoli su Schoenberg e su Mozart possono ad esempio essere letti come l'uno il proseguimento dell'altro. Se il linguaggio musicale del primo è frutto di una rivoluzione «costruttivista», astratta e che sfida l'orecchio del pubblico; Mozart, seppur esistito in ben altra epoca, sviluppa con estro lo stile della cultura musicale in cui viveva, esplorando ogni stato d'animo, ogni carattere, ogni piega dello spirito umano: «utilizza l'idioma classico per comunicare qualsiasi genere e qualsiasi grado di passione».

Interessante, infine, la disamina che Scruton fa di Wagner, svolta su un terreno politico e ideologico. La sua difesa dell'autore dell' Anello del Nibelungo sfida la vulgata dominante: sia quando parla dell'antisemitismo di Wagner sia quando cerca di dare una spiegazione dell'ostilità che gli è stata riservata. Le radici di quest'ultima risiederebbero in quella che Scruton chiama «asimmetria del biasimo». L'arte di Wagner era dedicata alle «eccellenze umane», la sua persona e la sua opera sono state ricondotte a eventi storici che non avevano come finalità l'uguaglianza sociale.

Se l'avessero avuta, l'avversione per Wagner sarebbe stata scarsa o nulla.

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