Cultura e Spettacoli

Ok, il prezzo del libro è (in)giusto

Ok, il prezzo del libro è (in)giusto

C on un po’ di ritardo l’editoria italiana sta vivendo la stessa stagione di quando Zara e H&M sbarcarono sul mercato della moda e gli haute couturier si trovarono di fronte al dilemma: come posso continuare a vendere le mie creazioni a prezzo pieno? Alcuni vendettero direttamente l’azienda a qualche grande gruppo o si quotarono in borsa, altri misero in cantiere linee economiche, altri ancora disegnarono edizioni limitate proprio per H&M.
La polemica incalza. Fintanto che era Newton Compton, quasi in solitaria, a fare una politica dei prezzi piuttosto aggressiva, in un range dai 5,90 ai 9,90 euro, la querelle rimaneva deboluccia. Poi, l’anno scorso, è arrivato Sergio Fanucci (del gruppo romano GEF, che comprende i marchi Leggereditore per romance e women’s fiction, TimeCrime per noir e affini e Fanucci Editore) e qualcuno della concorrenza ha iniziato a prestare attenzione ai suoi libri low cost e vendutissimi. Qualcuno come Rcs. E infatti è da poco che Rizzoli ha varato due collane anchìesse low cost: Rizzoli Max per uomini e Fabbri Editori Life per le donne. Libri a 8,80 euro. Al che Fanucci ha preso carta e penna e scritto al direttore di Libri Trade Rcs, Filippo Guglielmone, per contestargli l’operazione: «Che fai, mi copi?».
La disfida ha sapore imprenditoriale quanto umanistico. «Così si vendono più copie - ci dice Sergio Fanucci - e diminuiscono le rese. Il nostro sell out (il reale venduto dei punti vendita ai lettori, ndr) al 31 maggio è aumentato del 28% quando il mercato è sceso del 10%. È vero: si riducono i profitti e diventa più ardua la scommessa che ogni imprenditore fa, quella di raggiungere il pareggio di un investimento su un libro a volumi di vendita decisamente superiori rispetto al medesimo libro/costo a un prezzo più alto. Ad ogni modo i lettori hanno più possibilità di dare sfogo al loro legittimo desiderio: alcuni vorrebbero leggere di più ma i libri costano troppo».
«Ma parliamo ancora di libri? - si chiede Marcello Baraghini, editore a metà dei Novanta dei celebri volumetti a mille lire e oggi dei Bianciardini a un centesimo - oppure di peti della Littizzetto o della Parodi o di sveltine Maigret pubblicate da Adelphi in tutte le salse? Da anni questa politica induce il lettore allo sciopero degli acquisti. Sciopero che poi spinge gli editori a pubblicare sempre la medesima fuffa, ma a prezzi ribassati, rinunciando a un poco dei loro enormi guadagni, giusto per far cassa. Come altro vuoi spiegare il fenomeno dei libri low cost?».
Con i numeri, volendo. «Newton Compton e il mio gruppo - racconta Fanucci - hanno aperto un mercato con un risultato impressionante e tutti ci sono venuti dietro. Ma nulla si improvvisa. C’è chi ha alcuni costi da abbattere e chi altri, bisogna fare in modo di rientrare degli investimenti e non aprire linee editoriali low cost solo perché altri hanno successo. Quando ho creato Leggereditore ho da subito, più di due anni fa, impostato le linee editoriali con prezzi da 5 a 10 euro rivolgendomi al mercato del romance. E così ho fatto con TimeCrime a euro 7,70, un prezzo creato ad hoc. E da sempre Fanucci editore ha i prezzi più bassi della media di un 20%. In numero di copie vendute il mercato ci ha premiato sfiorando il 45% di incremento».
Tuttavia c’è chi dice no: paradossalmente sono i grandi gruppi. «Questa progressiva tendenza verso un abbattimento dei prezzi - ci dice Laura Donnini, direttore generale edizioni Mondadori - è qualcosa di sbagliato. Non è sostenibile per una filiera che punta alla qualità: i libri hanno un valore. La politica degli editori low cost è coerente in una logica di marketing che punta a rendere accessibili dei prodotti sostanzialmente di genere senza pretese autoriali, tutto gestito in modalità mass market. Certo non è così che si lancia un autore. È operazione corretta, per carità. Ma chiediamoci: cosa invece non è corretto? Pensare che i libri costino poco. Il pericolo è che tutta la filiera, dalla distribuzione al retail, si aspetti dei prezzi bassi sempre. Le nostre promozioni in questo senso hanno invece un periodo limitato, stagionale, direi. Oppure ci inventiamo collane come Le libellule, cento pagine d’autore a 10 euro».
Gli autori, appunto. Che ne pensano? «La politica dei prezzi ribassati - commenta Andrea De Carlo - è suicida. Il margine di guadagno di una casa editrice oggi è molto basso. Per un libreria, tolte le spese, è tra il 3% e il 5%. La percentuale di royalty di un autore affermato è il 15% del prezzo di copertina, tolta l’Iva. A questo bisogna aggiungere che i libri in Italia costano meno che in altri Paesi: l'edizione tedesca del mio ultimo romanzo, Leielui, costa quattro euro più di quella italiana. Non ci vuole molto a capire che riducendo in modo drastico i prezzi dei libri i margini per editori, librai ed autori progrediranno verso lo zero. Se la tendenza non verrà invertita vedremo molte librerie chiudere e diversi editori fallire. Quanto agli scrittori, finiranno col diventare dei dilettanti. Ma non essendo un catastrofista, penso che ci saranno lettori che vogliono leggere romanzi ben stampati e rilegati, belli da tenere in mano, scritti da autori che hanno riversato nella propria opera anni della loro immaginazione e intelligenza. È per questo che continuo a scrivere, sto lavorando a un romanzo di quasi ottocento pagine che uscirà nel prossimo ottobre».

È la stessa tesi, in fin dei conti, di Baraghini: «L’investimento nella cura redazionale per i libri low cost è pari a zero: tutti questi libri low cost sono penosi».

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