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Il privilegio paolino e il divorzio secondo San Paolo

Oliviero Arzuffi riflette da credente sul matrimonio e sulla possibilità di rifarsi un avita

Il privilegio paolino e il divorzio secondo San Paolo

Le aperture di Matteo. E le deroghe di San Paolo. Oliviero Arzuffi, docente e intellettuale, indaga con la sensibilità del fedele sul grande tema del matrimonio cristiano e della sua indissolubilità. Nel libro Cara Papa Francesco, Oltre Edizioni, prova a sostenere un punto di vista che tenga insieme le ragioni della fede e la libertà dell'uomo. Se il rapporto con il coniuge si rompe, come capita nella vita di coppia, c'è spazio per vivere un secondo matrimonio? Arzuffi ricorda che questa è la strada indicata dalla Chiesa ortodossa e aggiunge che l'evangelista Matteo dà all'uomo facoltà di licenziare la moglie in caso di fornicazione. Ma poi c'è anche San Paolo: pure per lui il matrimonio è un vincolo indissolubile. Ma c'è un passaggio che attira Arzuffi e sembra aprire una crepa nella sua riflessione: "Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno dominarsi, si sposino: è meglio sposarsi che bruciare". La domanda che Arzuffi pone è la seguente: chi sono i non sposati? "Questi non sposati - è la sua risposta - non sono semplicemente dei celibi o delle nubili". Insomma, anche l'apostolo delle genti, secondo Arzuffi, afferma la sacralità del matrimonio ma costruisce poi alcune eccezioni. Non ultima, il cosiddetto privilegio paolino: "Se il non credente vuole separarsi si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a schiavitù; Dio vi ha chiamati a stare in pace". Come si vede, anche Paolo come Matteo sembra aprire una breccia nel muro dell'indissolubilità.

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