Cultura e Spettacoli

Pynchon, il predicatore che a volte annoia

"La cresta dell'onda" non è al livello dei capolavori dell'autore. Pieno di luoghi comuni e complottismo

Pynchon, il predicatore che a volte annoia

Negli Stati Uniti e soprattutto in Italia (a pochi giorni dall'uscita) del nuovo romanzo La cresta dell'onda di Thomas Pynchon , considerato tra i massimi scrittori americani viventi, se ne sono lette di tutti i colori: da «un romanzo noir» a «un thriller tecnologico», da «libro lacerante per tristezza» a «esemplare, affascinante e divertentissimo» sino a «il vero romanzo che svela l'11 Settembre». Il sospetto è che anche questo nuovo Pynchon sia stato più commentato che letto. Nessuna “etichetta” affibbiata a questo scrittore sembra riuscire a limitare il suo estro artistico. Perché Pynchon è indubbiamente un artista: da qui a farne ancora uno scrittore ne passa. Con La cresta dell'onda in libreria da martedì scorso per Einaudi (pagg. 567, euro 21, traduzione di Massimo Bocchiola), il lettore non può che oggettivamente percepire che il Pynchon dei grandi romanzi come V , L'arcobaleno delle gravità , o Mason&Dixon (tutti editi in Italia da Bompiani e Rizzoli) è ormai da dimenticare. Con Contro il Giorno , apparso nel 2006, già si intuiva che la parabola di Pyncon era in caduta libera. In quel libro i primi segnali che lo avrebbero poi portato a pubblicare nel 2009 Vizio di forma , un romanzetto «pop-noir» molto commerciale, alla moda, che non a caso sarà portato sul grande schermo da Paul Thomas Anderson (regista di Boogie Night ) con un cast “stellare” (da Joaquin Phoenix a Benicio del Toro) e nelle sale americane dal 12 dicembre.

Negli Stati Uniti, dove il romanzo è uscito due anni fa, malgrado il marchio Thomas Pynchon, su La cresta dell'onda critica e pubblico si sono letteralmente spaccati in due: a partire dal New York Times che, da una parte ha pubblicato la stroncatura di Michiko Kakutani (la più temuta critica letteraria americana), dall'altra ha esaltato il panegirico dello scrittore Jonathan Lethem che sottolinea come «capire la lettura di Pynchon è come capire la lettura di Pynchon»(la frase è più complessa da comprendere del romanzo stesso). La trama vede come protagonista un'investigatrice privata specializzata in frodi, una donna tra i 35 e i 45 anni (età presunta perché Pynchon la definisce una «milf» durante un'avventura erotica), madre di due figli e con genitori antagonisti negli anni '60, che si trova ad indagare nell'universo dell'economia sommersa di Internet. Pynchon, abilmente, ricorre a una protagonista donna, e a decine di personaggi, per esprimere il suo pensiero che non riguarda soltanto l'11 Settembre, anzi: il suo è uno dei tanti romanzi-metafora contro un mondo che continua a progredire, ma in cui nessuno progredisce. Un libro sulla paranoia non dell'essere umano, ma dalle agenzie governative. Noi siamo dei «bianchi terminali» di fronte al Potere: quello americano, dell'Islam (che lo scrittore fa provenire da «I slam», «io colpisco»), dei media («Quanto si deve essere di destra per credere che il New York Times sia di sinistra?»). Per Pynchon il miglior complotto è farci vivere nelle illusioni: «Certi complotti sono caldi e rassicuranti, sappiamo i nomi dei cattivi, vogliamo vederli beccarsi quello che si meritano. Con altri, non sei sicuro di voler sapere, perché è qualcosa di troppo brutto, troppo profondo e pervasivo, ma senza coraggio di ammetterlo».

Per Pynchon, l'attacco alle Torri Gemelle è soltanto la punta dell'iceberg (non a caso ne scrive dopo la trecentesima pagina) della realizzazione di un controllo che viola ogni diritto dell'individuo e che deciso di attuare la trasformazione dell'economia da «tardo capitalismo» a «racket piramidale su scala mondiale». Chiaramente, nel libro, anche questi sono solo complotti. Un rapporto causa effetto che l'autore svela in uno dei pochi passaggi leggibili del libro: «Siamo vivi per regalo. L'abbiamo scampata bella. Senza mai pensare a chi paga per questo, a quelli che da qualche altra parte muoiono di fame, tutti insardinati insieme perché noi possiamo avere cibo a buon mercato, una casa, una villetta col giardino... in tutto il pianeta, ogni giorno di più, sta montando la rivalsa. E intanto l'unico aiuto che ci danno i media è buah buah i morti innocenti. Buah il cazzo. Tutti i morti sono innocenti. Non ci sono morti non innocenti».

Questo è Thomas Pynchon: nulla di più, nulla di meno.

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