Controcultura

Quando papà Tolkien si firmava Babbo Natale

Nelle «Lettere» ai figli la fantasia dello scrittore ci regala racconti spassosissimi dal Polo Nord

Quando papà Tolkien si firmava Babbo Natale

O gni dicembre ai figli di J.R.R. Tolkien arrivava una busta dal Polo Nord. All’interno, una lettera e un disegno colorato. Erano le lettere scritte da Babbo Natale, con racconti del Polo Nord: le Renne che si sono liberate sparpagliando i regali; l’Orso Bianco arrampicato sul palo del Polo Nord è caduto nella sala da pranzo di Babbo Natale; la Luna rotta in quattro pezzi e l’Uomo che ci abitava piombato nel retro del giardino; le guerre con le orde di Goblin che vivono nei sotterranei della casa. Dalla prima lettera scritta al figlio nel 1920 all’ultima, del 1943, per la figlia. Queste missive sono state raccolte fin dal 1976 in un volume, di cui oggi è uscita l’edizione finale e completa (J.R.R. Tolkien, Lettere da Babbo Natale, Bompiani, pagg. 192, euro 13, cura e traduzione di Marco Respinti). Vergate in una calligrafia filiforme, nello stile delle lingue degli elfi, il sindarin o il quenya, e impreziosite da disegni colorati, queste lettere davano a Babbo Natale un’importanza superiore a quella, pur trepidante, dell’attesa dei suoi regali. Come scrive Baillie Tolkien nella prefazione al libro, non soltanto Babbo Natale riempiva le calze appese al caminetto nella Vigilia della Notte Santa, ma aggiungeva anche ogni anno una lettera spedita dal Polo Nord. In essa raccontava, anche con le immagini, gli accadimenti che si svolgevano o si erano svolti da quelle parti, avvenimenti divertenti o anche inquietanti. Parlava pure della sua casa, dei suoi amici e conoscenti. Spolverate di neve, queste lettere venivano trovate sulla mensola del camino. O le portava addirittura il postino, con tanto di bolli e affrancatura del Polo Nord. La prima partì e arrivò nel 1920, destinatario John, il maggiore dei figli di Tolkien, che aveva tre anni. Per i vent’anni successivi, e anche dopo, puntuali le lettere giunsero mentre gli altri figli Michael, Christopher e Priscilla crescevano. Se i bambini rispondevano, le loro letterine sparivano dalla mensola del camino, sicuro segno che Babbo Natale le aveva ritirate. Inizialmente pareva che Babbo Natale avesse un solo amico, l’Orso Bianco del Nord. Poi, via via, comparvero altri personaggi, come i nipoti dell’Orso Bianco, Paksu e Valkotukka, «che arrivarono un giorno nella casa di Babbo Natale per una visita e poi non se ne andarono più». Comparvero gli Orsi della Caverne, gli Gnomi Rossi, gli Uomini-Neve e gli Elfi della Neve. Ma l’assistente principale di Babbo Natale rimase sempre l’Orso Bianco del Nord, a causa del quale qualche pasticcio si produsse, nelle calze natalizie. Talvolta, l’Orso Bianco si permetteva di aggiungere, nelle lettere, qualche commento, distinguibile per il diverso carattere grafico. Ma poi Babbo Natale si dotò di un vero e proprio segretario, l’Elfo di nome Ilbereth, il cui ruolo divenne importante, assieme a quello degli altri Elfi, quando i cattivi Goblin cominciarono a infastidire con i loro attacchi la casa di Babbo Natale e le sue cantine-magazzino in cui erano ammassati i doni da distribuire ai bambini. Nel libro della Bompiani, oltre alle immagini, si trova anche l’alfabeto inventato dall’Orso Bianco basandosi sui graffiti lasciati dai Goblin sulle pareti della caverna in cui gli accadde di perdersi. Una lettera spedita ai piccoli Tolkien è vergata proprio con quei caratteri. Chi ha letto la saga del Signore degli Anelli e tutta l’immensa produzione di Tolkien non può non restare stupito per l’incredibile immaginazione del pacioso professore di Oxford. Lo scrittore che ha inventato il genere fantasy (e lo ha esaurito, perché dopo di lui abbiamo solo imitatori che non possono fare a meno di elfi, orchi, nani) non lo si sarebbe detto un vulcano creativo, eppure non c’era cosa che non accendesse la sua fantasia. Come queste Lettere da Babbo Natale stanno a dimostrare. Un papà normale si sarebbe limitato a riempire le calze di doni. Tolkien no, aggiunge una lettera, e nella lettera racconta storie, storie per le quali inventa, come ormai sappiamo, interi mondi popolati di creature incredibili. «Miei cari ragazzi, quest’anno tremo più del solito. Colpa dell’Orso Bianco del Nord! È stata la più grande esplosione del mondo e il fuoco d’artificio più incredibile che si sia mai visto.

Il Polo Nord è diventato tutto nero!».

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