Cultura e Spettacoli

Quando le pietre «parlano» di storie universali

Di Benedetto Antelami non si poco o nulla, ma sempre di più di quanto non si sappia degli artisti che operarono nel XII e XIII secolo completamente anonimi secondo, si direbbe, una regola dell'epoca per la quale l'opera è più importante del suo autore. Anno milleno centeno septuagesimo octavo scultor patuit mense secundo antelami dictus sculptor fuit hic benedictus , si legge sul rilievo della Deposizione dalla croce del Duomo di Parma, e Bis binis demptis annis de mille ducentis incepit dictus opus hoc scultor benedictus sull'architrave del portale maggiore del Battistero. Operò dunque nella città almeno nel 1179 e nel 1196, altro di certo non si sa. Il «cognome» sembra derivare dai «maestri abtelami», cioè dalla corporazione di costruttori che operava nella comasca Val d'Intelvi, quindi partecipe dei segreti muratori di cui all'epoca erano depositarie certe corporazioni di architetti quando s'impose l'arte che fu definita «gotica».

E proprio del Battistero di Parma si occupa un elegante libro di Claudio Mutti che indaga il simbolismo delle sculture che circondano l'edificio sacro, opera appunto del nostro misterioso artista: Il linguaggio segreto dell'Antelami (Edizioni all'insegna del Veltro, pagg. 80, euro 12; fotografie di Cristina Gregolin). Ma che cosa celava l'Antelami? Mutti esamina il fregio («zooforo») di 79 formelle che circonda il Battistero a pianta ottagonale (l'ottagono è il mondo intermedio che sta fra il quadrato-terra e la cupola-cielo), decifrandone il significato universale, e non solo cristiano, interpretandole come un'immagine del cosmo attraverso lo zodiaco e come un vero «itinerario sacro» che conduce l'osservatore devoto nella Terra Santa. Ecco quindi l' Arbor Vitae ; l'Uomo, il Leone, il Vitello e l'Aquila, cioè i simboli dei quattro evangelisti ma anche le quattro direzioni dello spazio; e poi ancora il Leone, la Lupa e la Lonza che, un secolo dopo cercheranno di ostacolare il cammino di Dante; e, fatto singolare, alla fine che poi è anche l'inizio, il Veltro, altro simbolo utilizzato dall'Alighieri per indicare chi riscatterà un Paese dilaniato, cioè l'imperatore ghibellino.

Un'analisi insomma, quella dello studioso parmense, che unisce una particolare intuizione a una conoscenza dei simboli di diverse religioni dimostrando l'universalità di senso di immagini di pietra che vanno oltre l'essere inserite in un edificio sacro cristiano.

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