Cultura e Spettacoli

la recensione Il Risorgimento di Barbolini è un gioco di società


Ormai Roberto Barbolini bisogna inseguirlo, scatenando la caccia all'uomo fra le case editrici che hanno il privilegio di pubblicare i suoi libri: Mondadori, Garzanti, Aragno... E adesso Barbera, nel cui catalogo compaiono altri due autori facili all'irriverenza, Gaetano Cappelli e Barbara Alberti. L'ultima follia dello scrittore modenese - una follia con tanto metodo che basterebbe per cinque o sei romanzi «normali» - porta il titolo di Provaci ancora, Radetzky (pagg. 155, euro 14).
L'intreccio è accattivante: i personaggi del romanzo, milanesi d'oggi, sono impegnati in una sorta di fantacalcio a sfondo storico, un gioco di ruolo chiamato «Qui si fa l'Italia o si muore». Scopo del gioco è di rifare il Risorgimento e possibilmente di rifarlo bene, senza combinare i pasticci prodotti da Cavour e dagli altri padri della Patria. Non è impossibile, per esempio, trasformare la batosta della «fatal Novara» in una vittoria piemontese: basta scegliere meglio gli ufficiali e spostare qualche divisione. Ciò non toglie che anche nel Risorgimento di Barbolini Radetzky debba esser fatto fuori, se non altro per eseguire un nonnicidio simbolico.
L'ava del protagonista di questo esilarante romanzo è, infatti, un'austriacante fuori tempo massimo che ha avvelenato il clima familiare invocando il ritorno del feroce generale boemo come soluzione a tutti i problemi della Lombardia, anzi dell'Italia intera. Adesso le unghie della nonna sono meno affilate: vive in un ospizio, nella stessa stanza dove è alloggiato l'ex marito. Complice l'Alzheimer, i due non si riconoscono; e solo per questo riescono a sopportarsi. Non è tutto: come se di quote-Radetzky non ve ne fossero già abbastanza, la compagna del protagonista ha abbandonato il tetto coniugale per entrare nel letto di un attore che recita la parte del generale in una serie televisiva.
Insomma, Radetzky è tre volte nemico, ma grazie al cielo Barbolini non demonizza nessuno, non «afferra alla pancia» e non ammannisce a scopo di lucro qualche centinaio di pagine minatorie al lettore, come fanno tutti.

Con un occhio al piacere del testo, e un altro alla sua singolarità di scrittore colto e brillante, si tiene in un equilibrio che a Sud delle Alpi pochissimi sanno mantenere a lungo; e di certo non per colpa di un Risorgimento andato storto.

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