Cultura e Spettacoli

Dal rigattiere di parole: Falansterio

Oggi è una parola spregiativa: indica un edificio immenso e popolare, brulicante d'inquilini, sgraziato e senz'anima

Dal rigattiere di parole: Falansterio

Oggi è una parola spregiativa: indica un edificio immenso e popolare, brulicante d'inquilini, sgraziato e senz'anima. In passato, al contrario, era l'espressione di un ideale: dell'ideale social-liberista coniato dall'utopista francese Charles Fourier (1772-1837), che immaginava l'umanità divisa in gruppi, o falangi, destinati a vivere e organizzarsi in grandi costruzioni chiamate, appunto falansteri. Tale nome, coniato a tavolino, metteva insieme i termini francesi “falange” e “monasthére”, e rendeva l'idea di una specie di grande convento laico (le falangi nell’antica Grecia erano moduli di schieramento militare).

Qui dovevano vivere e lavorare tra le 1.600 e le 2.200 persone, 450 famiglie in tutto. I principi di questa convivenza basata sull'armonia dovevano essere la proprietà comune e la partecipazione agli utili in base ai conferimenti al patrimonio comune. Il falansterio era composto di due corpi centrali alti tre piani destinati ad abitazioni, mentre sulle ali si dispiegavano laboratori artigianali e manifatture. Quanto alla sua organizzazione, alle decisioni più importanti provvedeva l'Accademia, costituita dalle persone più sagge ed esperte, coadiuvata da altri organi elettivi.

L'esercizio della città ideale è sempre stato intrapreso, in tutte le epoche. Lo stesso Fourier ebbe molti seguaci, compreso Jean Baptiste Godin (1817-1889) che chiamò “familisterio” - scimiottando senza fantasia il suo ispiratore – il suo modello di integrazione tra famiglia, capitale e lavoro. Idee che fanno pensare, saltando di un secolo, alle Unità di abitazione di Le Corbusier, basate su una moderna concezione del vivere in un unico “sistema”, integrato grazie ai servizi in comune. Esempi di edilizia applicata a idee di organizzazione sociale si trovano a San Leucio (Caserta), la città ideale che Ferdinando IV di Borbone voleva chiamare Ferdinandopoli, ma anche a Terni, dove nel 1885 fu costruito per le famiglie operaie il “Palazzone”, alto 5 piani, capace di contenere 600 persone.

A Roma fu chiamato Falansterio Federici (dal nome dell'impresa costruttrice) un casermone del 1931 che è stato utilizzato anche come scena di numerosi film.

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