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Rileggere la storia mostra la strumentalizzazione dell'eredità di De Gasperi

Un documentario andato in onda su Rai3 ha tirato per la giacca, oltre ogni pudore, il grande statista democristiano...

Rileggere la storia mostra la strumentalizzazione dell'eredità di De Gasperi

Si sa che la storia e la politica non vanno molto d'accordo, poiché una vive nel passato, l'altra nel presente. È vero che la storia, come aveva giustamente sentenziato Benedetto Croce, è sempre storia contemporanea, dato che ogni generazione rilegge ciò che è stato in base al suo presente. Poiché questo muta - cioè mutano i valori, gli interessi, gli orientamenti culturali e politici - allora non può non mutare anche il giudizio storico. Ma, appunto, il giudizio storico, non le elementari verità che lo sottendono, come è invece il caso offertoci in questi giorni dal dibattito intorno alla presunta attualità di Alcide De Gasperi. Si discute sull'opportunità di ricostituire un partito capace di dar voce alle molte anime del cattolicesimo politico, formando una grande coalizione in grado di farle convivere anche con altre tradizioni assai diverse. Ci si dimentica però che il centrismo degasperiano fu consono a un sistema politico del tutto differente dall'attuale perché segnato da un pluralismo ideologico assai marcato, così come si era formato nel crogiuolo della prima metà del '900. Venerdì sera ne abbiamo avuto l'ennesima prova con l'edulcorato ma preciso documentario apparso su Rai 3. Con la disfatta del comunismo, Tangentopoli e la fine della DC, siamo invece, di fatto, all'interno di un bipolarismo che allora non esisteva, come oggi non esistono quei partiti politici che a quel tempo costituivano l'ossatura stessa di tutta la vita politica italiana.

Ricordiamo, comunque, alcuni dati fondamentali che caratterizzarono la cornice storica entro cui si svolse l'azione di De Gasperi. Essa, dispiegatasi tra il 1945 al 1954, va compresa tenendo conto del decennio cruciale della Guerra fredda, che non ammetteva mediazioni di sorta: o si rimaneva all'interno del mondo occidentale, o si finiva nell'orbita dell'Unione Sovietica, un aut aut drammatico. Nel caso dell'Italia questo periodo coincide con la lunga e tormentata transizione alla democrazia, costellata da alcuni momenti decisivi: la difficile liberazione dalla pesante eredità del fascismo, il referendum del 2 giugno 1946 e il passaggio dalla monarchia alla repubblica, l'Assemblea Costituente, il Piano Marshall, la competizione elettorale del 18 aprile 1948 e la schiacciante vittoria democristiana, la contrastata adesione alla Nato, i governi centristi che si susseguirono nella prima legislatura, i ripetuti e duri contrasti sociali e ideologici che contrassegnarono lo scontro politico tra la DC e le sinistre, l'impegnativa battaglia per il mantenimento dell'ordine pubblico nel clima di una latente guerra civile, l'occupazione delle terre, gli scioperi contraddistinti a volte da conflitti sanguinosi, la faticosa ricostruzione industriale, il fallito tentativo di conferire una stabilità politica all'esecutivo con una legge elettorale maggioritaria.

De Gasperi riuscì ad inserire militarmente, politicamente ed economicamente l'Italia nell'ambito dell'Occidente, anche in contrasto con alcune correnti del suo stesso partito (si pensi a Dossetti e ai dossettiani), garantì la liberal-democrazia e la «società aperta» basata sul libero mercato. Preservò le libertà fondamentali dello Stato di diritto, senza reprimere le giuste istanze economiche e sociali delle classi lavoratrici. Accettò l'aiuto della Chiesa cattolica e di Pio XII, ma non si piegò alle loro direttive. Rispetto ai socialisti e ai comunisti, mantenne un atteggiamento di netta e inconciliabile contrapposizione, pur nel rigoroso rispetto del dettato costituzionale. Non va infatti dimenticato che socialisti e comunisti lo ostacolarono a partire dalla primavera del 1947, quando furono estromessi dal governo. Sostanzialmente uniti, erano avversi al Patto Atlantico, alla libera iniziativa economica e succubi, soprattutto i comunisti, dell'Unione Sovietica e della pratica stalinista.

Comprendiamo le meschine e strumentali esigenze politiche della lotta per il potere: tutti dentro e tutti uniti per spartirsi le poltrone. Ma come si fa, oltre ogni pudore, a tirare per la giacca De Gasperi, inventandosi una dimensione politica e ideale sfiorante la caricatura del buonismo (all'italiana)?

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