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Ritorna a vivere Riccardo III liberato dalla tomba dell'odio

Ultimo dei Plantageneti, sconfitto in battaglia dai Tudor, è il re d'Inghilterra meno amato. Ma il ritrovamento del suo corpo riapre il dibattito su di lui

Ritorna a vivere Riccardo III  liberato dalla tomba dell'odio

A più di cinque secoli di distanza, lo scheletro di Riccardo III dice ancora dell'odio con cui i nemici distrussero il suo regno, la corona che lui, l'ultimo dei Plantageneti, tanto aveva fatto per infilarsi sulla testa. Le ossa ritrovate a Leicester, dove un tempo era il convento francescano di Grey Friars ma oggi di grigio c'è soltanto un parcheggio banale raccontano come è stato ucciso, come i nemici abbiano infierito sul suo corpo, deforme a causa della scoliosi (lo scheletro mostra anche il difetto fisico, in modo impressionante), come l'abbiano irriso nella morte, umiliato nella sconfitta: parlano ancora, dal 1485, della rabbia e del risentimento verso un uomo che dalla storia ha avuto un solo giudizio, quello di tiranno.

Quelle ossa però sono state cercate, con volontà e passione: a finanziare gli scavi è stata una donna, Philippa Langley, della Richard III Society, un club nato nel 1924 che ha un obiettivo solo, perorare la causa di «Good King Richard». Riccardo III il saggio, il buono, il politico quasi all'avanguardia: non il mostro tramandato da Tommaso Moro e Shakespeare. E in qualche modo i sostenitori di Riccardo, il sole di York che anziché un'estate gloriosa gettò un'ombra micidiale sul suo stesso destino, ce l'hanno fatta: perché da quando la prova del Dna (grazie agli ultimi due discendenti viventi) ha dimostrato che quelle ossa sono le sue, uno dei re più controversi della storia inglese è tornato sulla scena del mondo. Il fascino perverso del sovrano senza scrupoli, già quasi machiavellico, anche se Il Principe sarebbe stato scritto trent'anni dopo la sua ascesa sanguinosa e la sua caduta negli abissi (anche della terra poi asfaltata di Leicester) continua ad attrarre il pubblico e i media: il ritrovamento del suo scheletro è finito su tutti quotidiani del mondo, Newsweek gli ha pure dedicato la copertina, Il ritorno del crudele Riccardo III. Non aveva neanche una tomba e ora, come una popstar, tutti si occupano di lui: come fosse uno scapestrato senza età, uno di quei cattivi irresistibili che si possono condannare, ma non si possono non ammirare.

Del resto già Shakespeare, che pure voleva ritrarlo in tutta la sua meschinità, che pure nella sua tragedia stava scrivendo la storia di un vinto, a tutto beneficio dei vincitori (cioè la dinastia Tudor, che proprio sconfiggendo Riccardo III pose fine alla Guerra delle due Rose e iniziò il suo lunghissimo dominio sull'Inghilterra) ne fu in qualche modo affascinato: perché il suo Riccardo III non è soltanto un tiranno malvagio, è un mostro di intelligenza, astuzia, e sete di potere, certo, ma anche un uomo dalla retorica eccezionale (pare conversasse abilmente anche in latino) e un guerriero coraggiosissimo. Perfino gli storici di epoca Tudor glielo riconoscono: nella battaglia finale di Bosworth, rimasto solo in mezzo alle truppe nemiche e senza il cavallo si battè come una furia, fino a che gli tranciarono l'elmo e gli trafissero la testa, come testimonia oggi il suo teschio.

I monologhi senza scrupoli e senza pudore di Riccardo III hanno affascinato il pubblico teatrale (e poi cinematografico) dal Cinquecento in poi, nei suoi panni si sono calati Laurence Olivier, Ian McKellen, Kevin Spacey, Al Pacino: la grandezza della sua malvagità, verità storica o ricamata che sia è comunque da prima pagina. Riccardo III proviene da un'epoca che poco ha a che fare con twitter e smartphone: quale scheletro riemerso dal passato potrebbe suscitare tanto interesse popolare? La Richard III Society raccoglierà trentamila sterline per donargli una tomba regale e una sepoltura solenne nel 2014: sul sarcofago, in pietra bianca, ci sarà la frase «la lealtà mi lega». Perché fino a che servì il fratello, il Riccardo duca di Gloucester fu un soldato fedele e senza paura. E anche dopo continuò a essere fiero e temerario, un re pronto a comandare i suoi uomini in prima linea, ma pur di accaparrarsi la corona commise i crimini più orrendi. Non un bello e dannato: per i suoi detrattori, la deformità fisica era lo specchio di quella morale. Ma un eroe, perfino per Shakespeare, nella sua tragedia, nella sua ambizione divorante che poteva soddisfarsi solo col potere assoluto. Onesto nella cattiveria: I am a villain. Yet I lie, I am not, Sono un furfante.

Ma mento, non lo sono.

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