Cultura e Spettacoli

Rivoluzione Rembrandt La vecchiaia come trionfo

Alla National Gallery di Londra gli ultimi lavori del grande olandese. Un maestro che con gli anni acquistò creatività, sperimentazione, energia

Rivoluzione Rembrandt La vecchiaia come trionfo

Nei vent'anni precedenti la sua morte nel 1669, all'età di 63 anni, Rembrandt van Rijn, sopraffatto ma non sconfitto dalle difficoltà economiche e morali, la sua fama in declino, i suoi dipinti non capiti censurati dalle istituzioni, ha prodotto uno straordinario ventaglio di opere che in un certo senso definiscono la nostra immagine del grande maestro del secolo d'oro olandese. Opere appassionate e toccanti che continuano a stupire per l'implacabile creatività dell'artista, pittore supremo della vita interiore, quale emerge dalla rassegna Rembrandt: The Late Works attualmente in corso alla National Gallery di Londra (fino al 18 gennaio 2015) organizzata con la collaborazione del Rijksmuseum di Amsterdam.

Curata da Betsy Wieseman, esperta dei dipinti olandesi presso la Pinacoteca londinese, la mostra riunisce un centinaio di capolavori fra dipinti, incisioni e disegni (quaranta i dipinti) provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, in un primo studio approfondito che illustra e analizza la ricerca costante di uno stile sempre più espressivo guidato da tecniche sempre più sperimentali che assorbiva Rembrandt nella sua ultima stagione.

Il percorso segue una suddivisione tematica e si snoda fra contemplazione, conflitti e riconciliazione partendo dalla penombra che avvolge una serie di autoritratti che colpiscono per l'eccezionale onestà dell'artista e dell'uomo capace di trasformare la vecchiaia in vittoria, come ci rimanda l'immagine di un vecchio provato dal volto sofferto e stanco quale l' Autoritratto come l'apostolo Paolo (1661).

La ricerca sperimentale sulla luce e l'impasto quasi scultoreo è esemplificata dalla grande tela oggi a Stoccolma Il giuramento dei Batavi al cospetto di Giulio Civile (1661) commissionata dal Municipio di Amsterdam e in seguito rifiutata. Lungo il cammino fra incisioni sublimi, vedi Uno studioso nel suo studio (Faust) troviamo i due seducenti e sottili studi del Suicidio di Lucrezia , mentre la nuova energia di cui sono infusi i ritratti tradizionali sa cogliere in ognuno il momento di più segreta intimità, il figlio Tito che studia seduto sognante alla sua scrivania, la Vecchia signora che legge (dalla collezione del duca di Buccleuch in Scozia), e la celebre tenera coppia di Isacco e Rebecca nota come La sposa ebrea , il dipinto che tanto incantò Vincent van Gogh.

Alla fine queste opera tarde sono una meditazione sulla condizione umana, dipinta con franchezza nelle sue luci e nelle sue ombre, un viaggio catartico che rivela il Rembrandt più profondo e trasforma la parabola discendente della sua vita in un trionfo. Nella misteriosa intensità emotiva di questi dipinti, come nelle incisioni, sentiamo l'eco di King Lear e di Prospero insieme; le più grandi sorprese le regala la sala dedicate alla Contemplazione con il disegno a inchiostro di Omero che detta a uno scriba e le tele a tinte scure degli apostoli Simone e Bartolomeo , la seconda versione di quest'ultimo, eseguita nel 1661, di estrema modernità (l'opera arriva dal Getty Museum di Los Angeles).

La mostra tuttavia risolleva di striscio l'annosa questione dell'autenticità dei dipinti di Rembrandt, che storici dell'arte e studiosi dell'artista discutono contraddicendosi da mezzo secolo. Stupisce nella rassegna l'assenza del Vecchio in poltrona del 1652, proveniente dalla collezione del duca di Devonshire e nel 1957 donata alla National Gallery. Non un ritratto ma lo studio intenso di un vecchio pensieroso, il volto appena illuminato come adombrato dagli anni, la pennellata scivola libera e rapida sulla veste, minimi i dettagli: è l'osservazione di un'atmosfera. Un tipico esempio di «opera non finita», a dispetto della firma espunta dal catalogo rembrandtiano. Secondo lo storico dell'arte Bendor Grosvenor, è l'ennesima prova della confusione che regna fra gli studiosi di Rembrandt, imputabile forse, egli azzarda, alla nuova storia dell'arte che dagli anni Settanta esclude la connoisseurship (pratica tradizionale di attribuire opere d'arte a identità artistiche ben definite sulla scorta di un'analisi comparativa di elementi stilistici e formali) come una pratica elitaria e oggi superata da generalizzazioni socio-economiche e filosofiche che soffocano ogni sano dibattito sulle attribuzioni di Rembrandt, un campo sempre minato data la versatilità del maestro.

Ecco quindi che la mostra attuale, per stupefacente che sia, è anche vista da alcuni come un'occasione mancata per osservare i capolavori accertati accanto alle opere al limite del complesso canone di Rembrandt.

Dal 12 febbraio al 17 maggio 2015 la mostra si potrà vedere al Rijksmuseum di Amsterdam mentre un'edizione filmata ad alta definizione per il grande schermo sarà proiettata dal 17 febbraio nei cinema di quaranta paesi nel quadro della seconda stagione di Exhibition on Screen .

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