Cultura e Spettacoli

Salviamo i libri dall'oblio Ecco i titoli da recuperare

Da Prezzolini a Vigorelli e Cancogni: parte un progetto per ristampare ogni anno dieci tesori dimenticati dall'editoria. Con l'aiuto dei lettori...

Salviamo i libri dall'oblio Ecco i titoli da recuperare

C i sarebbe, ad esempio, il diario che Giuseppe Prezzolini tenne negli anni '40 e '50 a New York: impressioni sulla vita contemporanea raccolte sotto il titolo Dal mio terrazzo (nella città americana lo scrittore ha sempre abitato «sopra i tetti») in cui mise di tutto: «caricature e corbellature, scoperte di contraddizioni», schizzi di politici e intellettuali, schiocchezzai, fatti e dichiarazioni di gusti personali, come queste: «Non credo al progresso ma nemmeno al regresso. Lo Stato mi pare utile, anzi necessario, come è necessaria la latrina di casa; ma quando si può, preferisco la birbanteria privata a quella pubblica... Non sono un reazionario, sono un conservatore». Un libro che uscì da Vallecchi nel 1960, e poi sparito dal mercato.

Ci sarebbe, sempre ad esempio, La grande famiglia di Laurana Berra, il primo romanzo che affronta il sottobosco del mondo editoriale in maniera satirica, tra i capostipiti del biblioromanzo: narra, dall'interno, le guerre di potere che si combattono dentro una casa editrice milanese, alle soglie del '68, sui vari progetti, in particolare sull'impostazione di una enciclopedia universale… Fu pubblicato da Feltrinelli nel '66, e poi basta.

E ci sarebbero, ancora ad esempio, i saggi in cui il grande manzoniano Giancarlo Vigorelli rivisita l'area della letteratura lombarda tra Otto e Novecento: capitoli dedicati alla Scapigliatura, a Rovani, Dossi, Gadda, Sereni, Testori, Piero Chiara… Furono raccolti sotto il titolo Nel sangue lombardo nel 1975 dalla casa editrice Munt Press. Da allora il libro si trova solo in biblioteca e - se si ha fortuna - in qualche Remainders, come è capitato a me, mesi fa, alla Libreria Milanese di via Meravigli, a Milano. Tempo fa, invitato a pranzo per altre faccende, la vedova Vigorelli, Carla Tolomei, davanti alla biblioteca di casa mi diceva che fra tutti i libri di Giancarlo quello che vorrebbe vedere ripubblicato, per la sua bellezza, è proprio Nel sangue lombardo : «Lì dentro c'è il sangue e l'anima di mio marito».

Ci sarebbero molti libri, lasciati per strada dall'industria editoriale, che meritano di tornare sugli scaffali delle librerie, o anche solo sui tablet in formato e-book. In Italia, tra novità e ristampe, mediamente si pubblicano 60-65mila titoli all'anno. Otto su dieci non arrivano neppure in libreria, e i due rimanenti - se non hanno la fortuna di essere firmati da bestselleristi televisivi, quindi non più di una trentina a stagione - stanno sui banconi massimo 15 giorni (le vetrine sono appannaggio dei suddetti bestselleristi, più qualche «caso» editoriale del momento). E dopo? Dopo c'è l'oblio. Lo stesso oblio che ha colpito nei decenni passati libri importanti e attuali, testimoni di un autore o di un momento storico o di una corrente letteraria o di un genere, e che per distrazione o superficialità, oppure per calcolo economico, l'editoria ha lasciato indietro. Imprigionati nel limbo dei libri.

A volte, però, con molta incoscienza, si può tentare di liberarli.

È quello che ha pensato, l'inverno scorso, Vittorio Macioce, che è l'anima e il sangue del Festival delle Storie: «Proviamo a liberarne qualcuno, a parlarne e a scriverne, così da convincere un editore a ripubblicare almeno un pugno di quei “vecchi” titoli che ci siano persi. Cosa ne dici?». Di sì.

Ho detto di sì al progetto di Vittorio Macioce, come ha detto di sì Andrea Kerbaker, bibliofilo e scrittore, il quale per follie del genere ha, come me, una predisposizione particolare. E così, in primavera, abbiamo cominciato a spulciare nei nostri ricordi e nelle nostre biblioteche personali (la mia è sui 20mila volumi, quella di Kerbaker è su una casa a tre piani) per trovare un elenco di titoli meritevoli di essere ripubblicati. Unici criteri: che siano libri italiani, che manchino dal mercato editoriale da almeno venti-venticinque anni, e che ovviamente riteniamo ancora degni di (ri)lettura. Senza limiti di «genere»: romanzi, raccolte di racconti, poesia, saggistica, memorialistica… E così, affidandoci al nostro gusto e ai consigli di amici scrittori, giornalisti, editori, bibliofili, professori universitari, abbiamo approntato una lista, anzi, un listone, in cui col passare dei giorni si accumulavano testi sul fumetto di Oreste del Buono, versi di Renzo Modesti, scritti sul calcio di Arpino, I superflui di Dante Arfelli (un grande dimenticato: nel 1950, clamorosamente, vendette un milione di copie in America), il ritratto di Mussolini di Diego Valera, un fantastico romanzo di Alfredo Antonaros (autore sparito nel nulla dopo il suo Tornare a Carobel dell'84), e poi i racconti di Bontempelli, i gialli di Veraldi, titoli della vecchia Rusconi, opere di piccole sigle scomparse... Alla fine avevamo in mano un tesoro. Ma i forzieri erano troppo grandi da trasportare in val di Comino, al Festival delle Storie. Serviva una lista più maneggevole. Alla fine abbiamo deciso che, per quest'anno, i titoli da «liberare» fossero nel numero tondo di dieci. «Poi, l'anno prossimo, ne sceglieremo altri dieci - ci ha detto Vittorio Macioce - e l'anno dopo altri dieci ancora, e così via: dieci titoli da ripubblicare ogni anno. Cosa dite?». Di sì.

E così abbiamo scartato, tagliato, ridotto, fino ad arrivare alla top ten: dove sono rimasti il diario di Prezzolini, il romanzo di Berra, i saggi di Vigorelli, un libro perduto di Manlio Cancogni ( Le leonesse , che pubblicò nel 1982 l'Editoriale Nuova, che era la casa editrice del Giornale di Montanelli), piccole cose di ottimo gusto di Tonino Guerra, di Dario Bellezza, di Orio Vergani (i pezzi giornalistici di Abat-Jour ) e altro ancora.

Intanto, un risultato l'abbiamo raggiunto. Anzi due. Primo: iniziando a mettere, qualche settimana fa, la lista dei nostri «libri da liberare» sui social network, abbiamo ricevuto moltissimi post in cui i lettori segnalano i propri titoli (di cui terremo conto in futuro). Secondo: un piccolo editore, folle e coraggioso, ha già dato la propria disponibilità a pubblicare una piccola collana per recuperare i nostri libri.

Ma di questo, parleremo al Festival.

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