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Giovanni Verga nacque nel 1840 a Catania (o secondo alcuni a Vizzini), da Giovanni Battista Verga Catalano, discendente dal ramo cadetto di una famiglia nobile, e da Caterina di Mauro, appartenente alla borghesia catanese. La famiglia era, quindi, una tipica famiglia di nobili di provincia con scarse risorse finanziarie, ma costretti a ben comparire data la posizione sociale.

Non manca al quadro la lite con i parenti ricchi: le zie zitelle, le avarissime "mummie" e lo zio Salvatore che, in virtù del maggiorascato, aveva avuto in eredità tutto il patrimonio, a patto che restasse celibe, per amministrarlo in favore anche dei fratelli. Le controversie si composero probabilmente negli anni Quaranta e i rapporti familiari furono in seguito buoni come rivelano le lettere dello scrittore e la conclusione di un matrimonio in famiglia tra Mario, il fratello di Giovanni detto Maro, e Lidda, figlia naturale di don Salvatore e di una contadina di Tèbidi.

Compiuti gli studi primari e medi, Verga seguì le lezioni di don Antonino Abate, poeta, romanziere e acceso patriota, capo di un fiorente studio in Catania. Lesse i classici, Dante,Petrarca, Ariosto, Tasso, Monti, Manzoni e le opere di Domenico Castorina, poeta e narratore di Catania.

Nel 1845, a causa di un'epidemia di colera, la famiglia Verga si trasferì a Vizzini quindi nelle sue terre di Tèbidi. Terminò la stesura del suo primo romanzo Amore e Patria.

In seguito si iscrisse, su desiderio paterno, alla facoltà di legge dell'Università di Catania, che abbandonò poco più tardi per dedicarsi alla letteratura.

Nel 1860 si arruolò nella Guardia Nazionale istituita dopo l'arrivo di Garibaldi a Catania, nella quale resterà per circa quattro anni. Fondò il settimanale politico "Roma degli Italiani", con un programma unitario e anti-regionalistico. Nel 1861 iniziò la pubblicazione del romanzo I carbonari della montagna, e l'anno successivo lo completò. Collaborò alla rivista "L'ltalia contemporanea", prima di venire colpito dalla perdita del padre. Si recò per la prima volta a Firenze, dove scrisse la commedia, inedita, I nuovi tartufi.

Nel 1867 una nuova epidemia di colera lo costrinse a rifugiarsi con la famiglia nelle proprietà di Sant'Agata li Battiati. Tornato a Firenze frequentò gli ambienti letterari fiorentini e i salotti di Ludmilla Assing e delle signore Swanzberg, venendo a contatto con scrittori e intellettuali dell'epoca come il Prati, l'Aleardi, il Maffei, il Fusinato e l'Imbriani. In quel periodo, iniziò l'amicizia con Luigi Capuana, scrittore e intellettuale meridionale e conobbe Giselda Fojanesi.

Nel frattempo Verga iniziò la stesura di Storia di una capinera e del dramma Rose caduche.

Nel 1872 si trasferì a Milano, dove rimarrà, pur con frequenti ritorni in Sicilia, per circa vent'anni. Nel 1874, a seguito del rifiuto della sua opera "Tigre reale", ha un momento di sconforto, che superò velocemente dedicandosi alla vita mondana di Milano e scrivendo in soli tre giorni la novella Nedda.

L'inaspettato e grande successo della novella, lo portò a scriverne altre raccolte in Primavera, e a abbozzare il racconto Padron 'Ntoni (che confluirà poi ne I Malavoglia). Raccolse intanto in un unico volume le novelle scritte fino ad allora, pubblicandole con il titolo Primavera ed altri racconti.

La morte della madre gettò Verga in un grande sconforto, che lo portò a scrivere sempre più intensamente.

Nel 1880 pubblicò Vita dei campi che raccolse le novelle apparse in rivista negli anni 1878-80. Continuò a lavorare a I Malavoglia e mandò i primi capitoli all'editore. Iniziò una relazione amorosa con Giselda Fojanesi, che durerà circa tre anni e che pare essere l'oggetto della novella Di là del mare.

L'anno successivo uscirono I Malavoglia, e cominciò il lavoro di scrittura di Mastro-don Gesualdo e la lunga e affettuosa amicizia con la contessa Paolina Greppi.

Il 1884 esordì a teatro con Cavalleria rusticana.

Iniziò una crisi psicologica aggravata dalla difficoltà di portare avanti il Ciclo dei Vinti e soprattutto da preoccupazioni economiche personali e della famiglia, che lo assilleranno per diversi anni.

Per distendersi, passò lunghi periodi a Roma e lavorò contemporaneamente alle novelle pubblicate dal 1884 in poi, correggendole e ampliandole per la raccolta Vagabondaggio. Nello stesso anno, con grandissimo successo, esce la traduzione francese de I Malavoglia.

Ritornò in Sicilia e pubblicò Mastro-don Gesualdo.

Rinfrancato dal successo del suo ultimo lavoro, progettò di continuare subito il "Ciclo" con la Duchessa di Leyra e L'onorevole Scipioni. In questo periodo, iniziò la causa contro Mascagni e l'editore Sonzogno per i diritti sulla versione lirica di "Cavalleria rusticana", che sarà vinta proprio da Verga.

Si stabilì definitivamente a Catania dove rimarrà sino alla morte, tranne brevi viaggi e permanenze a Milano e a Roma. Nel 1894-1895, pubblicò l'ultima raccolta, Don Candeloro e C., che comprese novelle scritte e pubblicate in varie riviste tra 1889 e il '93.

Nel 1903 gli furono affidati i figli del fratello Pietro, morto nello stesso anno, che porteranno ad una diminuzione della sua produzione letteraria e si dedicò assiduamente alla cura delle proprie terre. Continuò a lavorare alla Duchessa di Leyra.

In questi anni ci furono ulteriori trasposizioni cinematografiche e teatrali delle sue opere e nel 1919 scrisse l'ultima novella, Una capanna e il tuo cuore, che uscirà pure postuma nel L'Illustrazione italiana il 12 febbraio 1922. Nel 1920 fu nominato senatore.

Colpito da paralisi cerebrale nel 1922, morì a Catania. Tra le opere uscite postume vi sono la commedia Rose caduche il bozzetto Il Mistero.

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