Cultura e Spettacoli

Scrivi, che ti tassano. La letteratura dal commercialista

Polemica di Busi con un lettore che lo accusa di essere un privilegiato causa regime fiscale favorevole. Ecco guadagni (magri) e imposte degli scrittori. Evasioni "creative" incluse

Scrivi, che ti tassano. La letteratura dal commercialista

Ieri la settimana si è aperta sul solito argomento: le tasse. Nello specifico, quelle di un manipolo di presunti privilegiati: gli scrittori. A Dagospia è arrivata una lettera anonima: «Certo, Busi paga tutte le tasse. Peccato che uno scrittore ha uno sconto del 25% forfettario, e non paga contributi previdenziali, su tutta la parte inerente la cessione di diritto d’autore. Magari molti dei comuni mortali avessero i privilegi di Busi!». L’incauto lettore si è attirato gli strali dell’Aldissimo di Montichiari: «La mail di quell’anonimo incivile analfabeta - ha replicato Busi - è talmente stupida e insensata... Il mio reddito è formato dal 20% di diritti d’autore e per il resto da altre attività - notamente fare televisione fino a due anni fa - su cui quello che esborso (…) è del 63%».
Gli scrittori hanno davvero aliquote più basse degli altri cittadini? «Be’ - ci dice Vicki Satlow, agente letterario di Susanna Tamaro e vari bestselleristi - in Irlanda gli scrittori sono tassati zero, per incoraggiare la cultura nazionale, qui da noi di più: hanno una ritenuta d’acconto del 20% calcolata sul 75% del compenso e non sul 100%. L’agente, quando c’è, si prende una percentuale dal 10% al 20% sulla somma lorda. Quindi è vero: sono tassati poco, ma anche perché guadagnano poco. E non hanno pensione». Di fatto è sparuto il numero di scrittori che vendono così tanto da esaurire il tradizionalmente magro (4-5mila euro) anticipo sulle royalties versato dall’editore, obbligandolo a pagare altri diritti. «Tuttavia - ci racconta Marco Vigevani, agente letterario a Milano - qualche vantaggio fiscale l’hanno: gli introiti da premi letterari, per esempio, non sono tassati. Se vinci il Bagutta, 25mila euro, un’esenzione così inizia a diventare interessante (figuriamoci con i 610mila euro del Premio Balzan, ndr). Le legge Melandri, poi, prevede che per gli scrittori sotto i 35 anni il classico 20% sia calcolato sul 60% e non sul 75%».
Siamo dunque davanti a una «casta» degli scrittori? Se le cifre in gioco non fossero ridicole nella maggior parte dei casi, potremmo sussurrare di sì. «E non mancano i furbetti - ci dice un “commercialista di scrittori” a Milano - che buttano giù quattro fogli di scrittura e se li fanno pagare dall’editore come diritti d’autore su un futuro libro che non uscirà mai. In realtà si tratta di un compenso per corsi di formazione tenuti in casa editrice o per altri lavori. Tassati, però, come diritti d’autore e non come prestazioni occasionali per cui bisognerebbe dimostrare costi specifici. Ci sono scrittori che aprono partite iva per bypassare l’editore come sostituto d’imposta e per scaricare più costi: legittimo. Solo che il confine tra “diritto d’autore” e “servizio reso” diventa sempre più labile e chi controlla più? Diverso il caso di un autore straniero che risiede in Italia: per lui ci sono ritenute del 30% sul 100%, tout court, salvo aliquota diversa stabilita dalle doppie imposizioni. Diverso ancora il caso degli autori americani: lì lo scrittore celebre è quasi una holding di se stesso, alla prese con un mercato enorme che valica i confini nazionali. Manca poco che non si quoti in Borsa». James Patterson, per dirne qualcuno, guadagna 84 milioni di dollari l’anno, Danielle Steel 35, John Grisham 18.
Difficile che questo accada in Italia. Tutt’al più abbiamo scrittori agenti di se stessi o molto attenti al proprio cash flow, come Alessandro Piperno o Walter Siti. «In realtà lo scrittore - ci dice Siti, di cui è imminente per Rizzoli Resistere non serve a niente, su finanza e criminalità organizzata - le tasse le paga due volte: la prima quando l’editore gli detrae il 20% sul 75%. Sul rimanente, quando fai il modello Unico, ci paghi il 21% più un altro 20%. Paghiamo come tutti. Fermo restando che se dovessi campare coi miei libri sarei alla fame». Edoardo Nesi, ex imprenditore tessile oggi in classifica, è più o meno sulla stessa linea: «Fino a Storia della mia gente non ho guadagnato nulla dallo scrivere. Con Le nostre vite senza ieri sta andando meglio. Questo mi fa riflettere sull’editore Bompiani, che mi dà fiducia e mi permette di crescere pur senza portarsi a casa granché in euro, e su quanto i guadagni di uno scrittore siano del tutto episodici, aleatori. La tassazione per gli scrittori è concepita come vantaggiosa perché, semplicemente, non guadagnano nulla o quasi. I premi letterari? Dallo Strega ho preso 5mila euro». Cifre basse, poco avvincenti. «Non voglio nemmeno occuparmene - ci dice Chiara Gamberale, che pure in classifica ci va spesso - Do il 10% al mio agente Luigi Bernabò perché pensi a tutto lui, insieme al commercialista.

Vengo sempre delusa da quel che trovo sul mio conto a fine mese, perdere altro tempo per puntellare rovine di centesimi sarebbe peggio».

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