Cultura e Spettacoli

Se l'Europa ostacola lettura e progresso

Se l'Europa ostacola lettura e progresso

L a Divina Commedia è la Divina Commedia , qualunque supporto di lettura si utilizzi: cartaceo o digitale o audio. Insomma, un libro è un libro. Sempre. È così per tutti tranne per l'Europa secondo la quale l'e-book sarebbe un «servizio elettronico» come il software. Dunque, se acquistate la Divina Commedia nel formato cartaceo, pagate il 4 per cento di Iva. Se acquistate la stessa opera in formato digitale, pagate il 22 per cento di Iva. Il semestre italiano di Presidenza dell'Unione europea aveva alimentato la speranza di porre fine alla discriminazione. Speranza vana perché, come anticipato da Marco Zatterin su La Stampa , il consiglio dei ministri della cultura europei, in programma il prossimo 25 novembre, non inviterà i colleghi delle finanze ad adottare l'Iva agevolata anche per gli e-book. I motivi della rinuncia sono numerosi. I paesi scandinavi e l'Inghilterra sarebbero contrari. La Germania non si sarebbe pronunciata. Le aliquote attuali nelle varie nazioni sono molto diverse, così come le quote del digitale nei singoli mercati. Armonizzare l'Iva, come prescritto dalle direttiva 112/2006, appare difficile. A favore della riduzione al 4 per cento, oltre all'Italia, ci sono soltanto Francia, Olanda, Grecia e Slovenia.

Se finirà con un nulla di fatto, saremo di fronte all'ennesima contraddizione europea. Da una parte le istituzioni comunitarie, tra convegni e dichiarazioni d'intenti, non lesinano in retorica sulla importanza della lettura e dell'economia digitale. Dall'altra, ammazzano nella culla un mercato nascente, prevedendo la massima tassazione per un oggetto che dovrebbe essere simbolo sia della lettura sia dell'economia digitale: l'e-book, appunto. Chiare le ricadute sui prezzi, sulla vendita dei lettori, sulla pirateria (che festeggia), sui possibili investimenti nel settore. Insomma, l'Iva al 22 per cento non è solo una tassa sulla lettura ma anche sul progresso tecnologico. Il tutto avviene, con tempismo eccezionale, proprio in un momento drammatico per l'editoria, che in Italia, negli ultimi tre anni, ha perso il 20 per cento del fatturato. I primi dati del 2014 registrano un segno negativo per le vendite del cartaceo e un segno positivo per le vendite del digitale. L'e-book alla fine dell'anno potrebbe valere il 5 per cento del mercato (due punti in più rispetto al 2013).

L'Europa, ancora una volta, sembra una gabbia. Marco Polillo, presidente dell'Associazione Italiana Editori (AIE), confermando la fiducia nell'operato del ministro Dario Franceschini, ha rilasciato alle agenzie una dichiarazione interessante, che si chiude così: «Confidiamo che il consenso parlamentare sia d'aiuto al governo anche in sede nazionale e che il Parlamento italiano possa trovare una soluzione per la cultura nel nostro Paese». In Francia, il Parlamento ha trovato una soluzione nel 2012, abbassando l'Iva sugli e-book al 7 per cento senza consultare Bruxelles. Parigi rischia una condanna per infrazione. L'Italia potrebbe imboccare la stessa strada.

A meno che l'Europa non abbia un ripensamento, schierandosi dalla parte dei cittadini.

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