Cultura e Spettacoli

Sesso, soldi, memoria L'universo di Newton

Il corpo femminile come palestra estetica, l'agiatezza economica e la "seconda vita" dei suoi scatti inediti

La più famosa foto a colori di Helmut Newton
La più famosa foto a colori di Helmut Newton

A volte basta tracciare le coordinate spazio-temporali ai margini di una biografia per poterla catturare: Helmut Newton, Berlino, 31 ottobre 1920 - West Hollywood, 23 gennaio 2004. Il viaggio di un giovane ebreo alto borghese, da un tempo di ferro nella capitale tedesca sferzata dalla guerra imminente, verso l'abbagliante splendore e la noncurante decadenza americana nei primi anni del nuovo millennio.

Cagionevole fin da piccolo, tra i suoi ricordi «notturni» più significativi, la bambinaia in mutandine e il contatto erotico con la pelle nuda della madre, donna snob e fantasiosa che, rimasta vedova di un miliardario, sposò in seconde nozze suo padre, un soldato spiantato che aveva combattuto i russi nel '18. Per descrivere il clima in casa del piccolo Helmut, basti pensare che Hans, il fratellastro di 10 anni più grande, completava interi album di quelle banconote enormi che circolavano in Germania al culmine dell'inflazione, come fossero figurine. Fu proprio Hans che, portando il viziatissimo Helmut, a soli 5 anni, in un quartiere a luci rosse, impresse nella sua mente le immagini degli stivali fino al ginocchio e del frustino di Erna la rossa, famosa prostituta del quartiere.

Basta guardare una sua foto da giovane, per cogliere quella spavalderia, quella affilata curiosità sul suo volto, irrimediabilmente scisso tra il fascino solitario dei quartieri degradati e le stazioni termali di lusso che visitava con la famiglia. Pessimo studente, espulso dalla scuola americana, appena sedicenne trova un impiego presso l'atelier di una famosa fotografa del tempo, ma siccome nel '38 intrattiene una relazione con una ragazza ariana, in barba alle leggi razziali, i genitori decidono, per il suo bene, di imbarcarlo su una nave diretta in Cina.

Eccolo scendere a Singapore, trovare un impiego di due settimane al quotidiano Straits Times giusto il tempo per diventare l'amante di una ricca signora belga e viaggiare con lei nelle colonie britanniche, fino all'approdo in Australia. Dove conobbe un paradosso di quegli anni: per chi scappava dal nazismo, ovunque si rifugiasse, era molto probabile essere internato da quelli che il nazismo lo combattevano.

Alla fine si trovò a servire al fronte l'esercito australiano e, al termine della guerra, a prendere la cittadinanza e sposare l'attrice e modella June Brunnell, conosciuta mentre posava per lui. Ci si aspetterebbe, viste le premesse, che sia il primo di una sfilza infinita di matrimoni. E invece no, resterà insieme a June, un nome destinato a grandi storie d'amore (June Carter Cash docet), per tutta la vita. È in quel momento che abbandona il cognome tedesco, Neustadter, diventando Helmut Newton, un nome che è un ponte tra l'aristocrazia prussiana e l'intraprendenza anglosassone, in cui riecheggiano, contemporaneamente, genialità e rigore, due mondi e due epoche.

Impossibile, per un rampollo abituato a ogni lusso, scampato all'olocausto e diverse volte da morte certa, trovare pace nella terra dei canguri. E infatti nel 1961 si trasferisce a Parigi, che in quegli anni è il centro del mondo. Appartiene a quel tempo uno dei suoi scatti più celebri, furtivi e glam, ottenuto grazie al fortunato sincronismo tra la giacchetta di June, aperta finché non resta a seno nudo nel bistrot, e la sua velocità di scatto, con la macchina fotografica appoggiata sul tavolo. A più di quarant'anni comincia la sua ineguagliabile carriera di fotografo di moda. I suoi bianco e nero e i suoi nudi femminili diventeranno un paradigma per le più importanti riviste, da Vogue a Marie Claire da Elle a Playboy, passando per Vanity Fair e GQ. Nei suoi scatti, quelle due anime: la rarefazione del cielo sopra Berlino, la sontuosa eleganza simile al film di Wim Wenders, che ritrasse, e la brutalità romantica e animalesca della voce di Nick Cave, che ne fu colonna sonora.

Helmut Newton è stato un sopravvissuto capace di fotografare con soddisfazione, quale «soggetto infame» il leader xenofobo Jean-Marie Le Pen e dire che, nonostante avesse ritratto le donne più belle del mondo, «Il massimo è stata Margaret Thatcher: che cosa c'è di più sexy del potere?». I suoi ultimi inediti, recuperati da una cassaforte in cui erano custoditi perché, nel 1986, quando gli furono commissionati dalla multinazionale italiana, vennero giudicati troppo aggressivi, sono diventati, nell'anno del suo cinquantesimo anniversario, l'immortale Calendario Pirelli 2014.

Sono passati dieci anni da quando, il 23 gennaio del 2004, appena uscito dal famoso Chateau Marmont, il leggendario hotel sul Sunset Boulevard, a Los Angeles, che usava come residenza californiana, crollò per un malore al volante della sua Cadillac e, privo di sensi, premendo involontariamente sull'acceleratore si schiantava contro un muro.

Non farà in tempo a vedere l'inaugurazione, all'interno del Museo della fotografia di Berlino, della Fondazione Helmut Newton. Che fino al 18 maggio, con una retrospettiva celebra le sue serie principali. Un pellegrinaggio dovuto per innamorarsi dei famosi Big Nudes e di gioielli meno noti, come il ritratto di Paloma Picasso, in cui è condensata tutta la poetica di Newton, un'elegia fatta di sesso, denaro e memoria.

Twitter: @cubamsc

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