Cultura e Spettacoli

Lo "shopping" della Kinsella? Meglio dell'impegno politico

La scrittrice inglese è moderna, femminile e molto libera. Altro che gli autori di casa nostra incagliati tra Pasolini e Horkheimer

Lo "shopping" della Kinsella? Meglio dell'impegno politico

Prendete uno scrittore italiano di quelli impegnati, quindi già scrittori scaduti in partenza. Prendete l'ultimo romanzo di Nicola Lagioia, dovrebbe chiamarsi Nicola Latristezza, ancora con due giovani baresi e il conflitto generazionale e il capitalismo cattivo. Prendete Michela Murgia, la femminista mistica sarda che scrive di precari e di mamme e figlia sarde. Prendete l'ultimo romanzo di Silvia Avallone, non due baresi ma due biellesi e il declino del territorio nella crisi economica. Prendetene uno qualsiasi da Premio Strega o Campiello, tanto cambia poco e si assomigliano tutti, e infine prendete un romanzo di Sophie Kinsella per prendere una boccata d'aria. Per esempio l'ultimo, I love shopping a Hollywood , pubblicato da Mondadori (pagg. 384, euro 20).

Vi sentirete riavere e non perché Sophie è più leggera dei suddetti lagnosi sottratti al sindacato, ma perché è più intelligente, più moderna, più profonda in ogni senso. E certo, anche più divertente.

Anzitutto scrive meglio, provare per credere: sa cos'è il ritmo e cosa è una struttura romanzesca, in Italia non ci sono riuscite né Guia Soncini né Selvaggia Lucarelli, sebbene ci abbiano provato, credendo fosse facile. Invece un conto è buttare giù articoli, anche brillanti, sugli uomini e le donne e il gossip dei vip, uno conto fare un romanzo kinselliano, creare un immaginario, dare vita a Rebecca Bloomwood, così si chiama la scatenata protagonista della serie I love shopping .

Io appena esce un nuovo romanzo della Kinsella vado subito a comprarlo e mi chiudo in casa, è un antidoto formidabile al grigiore della narrativa e perfino dei talk show italiani. A Becky, per esempio, non verrebbe mai in mente quel concetto tremendo inculcato per decenni dagli intellettuali cattocomunisti: il consumismo. Al contrario, lei è una accanita sostenitrice del consumo, cosa che in teoria dovrebbero essere tutti, visto che spendere è la base economica della cosiddetta crescita. Tranne quelli che vogliono la decrescita, il ritorno ai campi e alle caverne (con internet come mezzo di rivoluzione, però, a loro modo sono dei geni). Infatti negli Stati Uniti i consumi si scaricano dalle tasse (e per questo chiunque ha interesse a farsi fare la ricevuta fiscale), da noi ci si fa una puntata poverista di Santoro per stigmatizzare chi è in fila a comprare il nuovo iPhone.

Insomma, Becky è l'antipasoliniana per eccellenza, un modello di progresso. È molto femmina ma non è femminista, il femminismo l'ha già superato: impazzisce per un paio di Jimmy Choo, non certo per le quote rosa. Sarà una fashion victim, ma è meglio che essere Francesco Piccolo che a otto anni sognava di essere Berlinguer e ce lo racconta pure. Non ha la taglia per entrare nei vestiti desiderati, e però rispetto a Bridget Jones è il prodotto di un'allieva che ha superato la maestra: Helen Fielding ha solo imbroccato un libro di successo, Sophie Kinsella è una vera romanziera. La critica la snobba perché non la leggono, e tanto se la leggessero non la capirebbero, la considererebbero narrativa per casalinghe, e allora ciucciatevi la tristezza di Lagioia, come fa Alfonso Berardinelli, un altro che più triste non si può.

Becky non ha pregiudizi, non ha moralismi, ideologie, postmarxismi, cattolicesimi, è incredibilmente simpatica e il suo pensiero viviseziona il reale in maniera esilarante ma razionale, pragmatica: è l'esponente di un frizzante illuminismo pop, quando qui siamo ancora fermi a Gramsci e Horkheimer. O alle polemiche sul Pasolini di Abel Ferrara: gli intellettuali italiani, inclusi i giovani impegnati, appena sentono Pasolini si alzano e si animano, Becky giustamente si addormenterebbe. Qui sono tutti rivolti al passato e non riescono a prevedere neppure il presente, a Becky basta una frase per immaginare il futuro: «Nel 2154 andremo sicuramente nello spazio in jeans attillati e minuscoli caschi di Prada».

Non so voi, ma se si presentasse una così alle elezioni, io la voterei subito.

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