Cultura e Spettacoli

Una storia dolce e accorata Tutta nel nome del padre

Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che riescono a dire «io e mio padre» senza battere ciglio, come se fosse la cosa più naturale del mondo; e quelli per i quali la medesima espressione sarebbe una bestemmia, l'abdicazione alla propria individualità. Valerio Magrelli, celebre poeta e apprezzato prosatore, appartiene al primo gruppo: nelle pagine di Geologia d'un padre (Einaudi, 138 pagg., 18 euro) la frase incriminata si legge almeno un paio di volte, e spesso si va oltre: «Desiderio di rievocarlo: perché? Forse perché mi manco. È come se soffrissi per la mia morte».
Era ingegnere, Giacinto Magrelli, come un altro padre letterario, il protagonista del romanzo di Edoardo Albinati, Morte di un ingegnere, uscito l'anno scorso per Mondadori. Questo di Magrelli, però, era di tutt'altra pasta fatto: un professionista di misurato successo («impossibile fallire negli anni del boom economico») incline a smarrire le qualità del mestiere - la ponderatezza, l'oculatezza - non appena fuori dello studio. Nella vita quotidiana rivelava infatti più di un vizio dell'architetto, a cominciare dall'imprevedibilità. Nato da una ciociara «secca e leggera come un cigarillo», l'ingegner Magrelli si portava dietro qualche atavismo: «Schernito da un muratore durante una passeggiata, scala i ponteggi, gli si scaglia addosso e lo percuote a sangue, mentre lo sciagurato tenta invano di difendersi addentandogli una mano». Bellicosità amplificata dalla Storia: perché la sua «era la generazione della mascella, afflitta da una specie di prognatismo politico». È ciò che Valerio Magrelli chiama «fascismo solubile, il modello del Capo diluito nell'acquamadre dei gesti, delle espressioni individuali, sciolto, in dosi omeopatiche, nell'esistenza quotidiana del sudditi».
Un'aggressività dai tratti clowneschi, iperbolica, ma rivolta esclusivamente all'esterno; sostituita fra le mura domestiche da una tenerezza in aperto contrasto con il carattere - Geologia di un padre parla anche di lei - della moglie dell'ingegnere; ascritta («Ti voglio bene, ma non a tutta quanta...») ad una gloriosa tradizione letteraria, quella delle madri «taglienti» e poco affettuose, fra La cognizione del dolore di Gadda e l'Hylarotragoedia di Manganelli.

Se un giorno Valerio Magrelli ci farà leggere una Geologia della madre, sarà di certo altrettanto riuscita di questo volume dedicato al padre; ma il tono, temiamo, sarà ben diverso.

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