Cultura e Spettacoli

Il verso giusto Alla Lituania Janina Degutyté, orgoglio lituano


di Nicola Crocetti


Sei piccola, ti contiene facilmente
la palma della mano di Ciurlionis,
sei la nostra fetta di pane quotidiano
sulla tavola del mondo apparecchiata a festa.
Microscopico punto sul mappamondo
placca d'acciaio sull'armatura di Grünwald,
residuo di Pirciupiai nella vampa del sangue,
goccia di cristallo di un lago blu cielo,
alba verde su un campo di maggese,
pioggia di raggi di sole sulla piazza della città.
Sei un granello d'ambra sul mappamondo
con profumo di pino e luccichìo di sangue.
Dal nostro amore prendi la tua forza,
in mano nostra sei invincibile,
sei una favola nei nostri sogni
sei la terra del sole ai nostri occhi.
(Traduzione di Nicola Crocetti)


Ci sono poeti condannati al silenzio eterno a causa della «piccola» lingua in cui hanno scritto. Chi conosce, in Europa, Janina Degutyté, tra i maggiori poeti lirici della minuscola Repubblica di Lituania (tre milioni di abitanti), che pure da dieci anni fa parte dell'Ue? Janina (1928-1990) appartiene alla generazione di scrittori che hanno vissuto tutti gli eventi traumatici della guerra: prima le brutali occupazioni sovietica e nazista, poi la nuova occupazione sovietica, una lunga guerriglia, le deportazioni, la repressione politica e la censura. Madre alcolizzata e padre ucciso dai nazisti, Janina cresce fragile e sola, e cerca nella poesia un universo alternativo alla funesta realtà. Dopo la laurea all'università di Vilnius si dedica all'insegnamento. Studia la poesia europea, traduce Rilke, Achmatova, Cvetaeva, scrive versi in un linguaggio innovativo e originale. Per lei la poesia è una missione, il dovere morale di dire la verità.
Temperamento fortemente lirico, si ispira al folclore, alla mitologia, alla natura, agli austeri paesaggi del Baltico. Scrive versi sull'amore e sull'infanzia, parla con gli alberi, comunica con gli uccelli. Ma presto il suo timbro lirico diventa la voce risoluta e patriottica della coscienza del suo Paese. Sfidando la censura sovietica, dedica versi alle vittime dell'Olocausto, alla distruzione dell'ambiente, all'occupazione del suo Paese, allo strazio delle donne lituane, elette a simbolo di resistenza silenziosa. «Con gli occhi pieni d'orrore/ guardiamo i tank stranieri,/ i piedi stranieri che calpestano la nostra terra...». Scrive trenta raccolte di poesie, che le valgono fama e grande rispetto.

Muore un mese prima che la Lituania riconquisti l'indipendenza.

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