Cultura e Spettacoli

Villa Adriana, discarica che non s'ha da fare

I Beni culturali devono diventare marchi d’eccellenza: impossibile se li associamo al pattume

Villa Adriana, discarica che non s'ha da fare

Il prefetto di Roma è persona concreta, pratica, aliena dalla retorica che governa l’ordine pubblico di una città difficile con l’ulteriore pena di essere anche il «commissario ai rifiuti». Ha avuto soddisfazioni e stima da vari presidenti del Consiglio. Ma rischia di vedere la sua carriera sporcata dai rifiuti e dagli effluvi di una discarica. L’apparente vittoria delle ultime ore con il via libera alla discarica di Corcolle in un’area molto vicina a Villa Adriana a Tivoli.

Il vento che porta effluvi verso il centro di Roma nelle stanze dei palazzi viene da lontano. Fui tra i primi ad ascoltare la protesta di molti cittadini e del principe Urbano Barberini che ha terre e torri in quel territorio. Lo scandalo si è oggi ingrandito al punto che per la pressione dei giornali e per la tenacia degli antagonisti credo che ormai la battaglia sia vinta. Il commissario ai rifiuti e i sostenitori della sua posizione come il presidente della Regione Renata Polverini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà sono stati abbondantemente sputtanati dal prevalere delle alte, nobili, pulite ragioni degli ambientalisti. Da domani il dibattito sarà cambiato e noi, che abbiamo difeso Villa Adriana, avremo vinto. Ma questo non vuol dire che avessimo ragione e che la maledizione contro le discariche in Italia, come contro gli inceneritori e tutte le macchine che tutelano l’igiene eliminando i rifiuti, non sia un’espressione di prepotenza ideologica e di ambigua difesa della natura e dell’ambiente. Infatti le discariche sono espressione di avanzatissima tecnologia e offrono ogni garanzia sanitaria e olfattiva. In città d’Europa civilissime come Vienna, Colonia o Zurigo, modelli di convivenza civile, le discariche sono nel centro storico e servono le necessità di popolazioni estremamente suscettibili ai propri diritti, in primis la salute.

Perché da noi, all’annuncio di ogni discarica, come nelle aree intorno a Napoli, si alzano le barricate, e si affronta il governo come un nemico? Molto spesso per ignoranza e falso pauperismo. Così in ossequio all’ideologia ambientalista, per volontà di ministri come Pecoraro Scanio, si è lasciata travolgere Napoli dall’immondizia, per liberarla poi, parzialmente, inviando i rifiuti in città del nord Italia e del nord Europa in efficienti inceneritori. D’altra parte in Italia abbiamo l’esempio di un piccolissimo paese della Toscana che ha fatto la propria fortuna con una discarica utilizzata da tutta la regione: Peccioli, ricco grazie alla scelta di non sottrarsi a questo indispensabile servizio. Eppure Peccioli è vicina a Volterra, a San Vivaldo, a Pontedera, luoghi notevoli per le testimonianze artistiche. Perché, dunque, Peccioli sì e Corcolle no? Tutte le garanzie, gli studi di fattibilità, le esigenze di un’intera area, particolarmente di Roma, hanno indotto il prefetto Pecoraro e il governo a esprimere una posizione favorevole, a dare il via libera alla nuova discarica. Ma avevano fatto i conti senza di noi, senza Sergio Rizzo, Andrea Carandini, Salvatore Settis, Peter Glidewell e perfino senza il ministro dell’Ambiente Corrado Clini e senza il ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi.

Dunque, governo diviso? No. Perché tutte le carte erano in regola e il danno paventato più letterario, sentimentale, evocativo che reale. Qualcuno penserà che ho cambiato idea. E adesso che la battaglia sta per essere vinta difendo le ragioni dei prepotenti, degli insensibili, degli ignoranti, solo perché perdenti. Non è possibile. Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, addirittura si dimette. E io dico che ha ragione, o ha le sue ragioni il commissario Pecoraro. In assoluto e in astratto è così. Ma le ragioni per essere, pregiudizialmente, contrari restano. E sono le stesse che imponevano, e tuttora impongono, di non realizzare un parcheggio sotto la basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Ci sono valori simbolici incompatibili con le esigenze pratiche.

In un’altra occasione sventai una discarica minacciata vicino a Langhirano nel territorio dei prosciutti più buoni d’Italia. Lo stesso varrebbe per San Daniele in Friuli. Non si può accostare il nome di una cosa buona, bella e profumata con una discarica. Ed ecco lo sbaglio di Pecoraro e Polverini, e lo sdegno di Ornaghi (che a sua volta minaccia di dimettersi, a tutela del suo ruolo e del suo onore). Per la troppo breve distanza fra Villa Adriana, luogo della bellezza e del mito, tempio della memoria di Marguerite Yourcenar, e l’annunciata discarica di Corcolle, tutto il mondo culturale e la stampa straniera si sono sollevati riproponendo l’interrogativo dopo i crolli di Pompei: «Villa Adriana è ancora competenza dell’Italia?». Non si può infatti immaginare (e questo vale anche per il castello di Masino del Fai, tenacemente difeso dall’invadenza di un parco giochi centro commerciale grazie alla furibonda tenacia di Giulia Maria Crespi) di far venire visitatori appassionati a Villa Adriana, alla sua arte, alla sua storia, accostandone il nome non a un paesaggio incontaminato e a suggestioni del mito ma a un troppo forte richiamo a necessità pratiche e a funzioni basse come quelle di una discarica.

La discarica e Adriano non possono convivere nel rispetto della fantasia di chi vede l’Italia come il luogo della bellezza. Anche con tutti i requisiti e le garanzie non è opportuno perché è lì. Questo dovranno capire Pecoraro, Polverini, Catricalà; e certo l’avrà capito il colto Monti. Aree pregiate devo essere rispettate non solo nei fatti ma anche nel nome.

Perché il richiamo di un luogo è anche in quello che se ne dice e in questi mesi di Villa Adriana si è parlato non per il mito ma per una troppo meschina cronaca.

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