Cultura e Spettacoli

Dal vintage al photoshop, il meglio della fotografia

C'è un'apparente contraddizione tra la tendenza, da parte delle mostre e delle aste, a inglobare definitivamente la fotografia tra i linguaggi praticati dall'arte e la creazione di fiere sempre più specializzate nella cosiddetta fotografia pura, peraltro molto gradita al pubblico e a un nuovo collezionismo che non può spendere molto eppure è curioso e informato. Si deve certamente a questo il crescente successo di iniziative di MIA, acronimo di Milan Image Art Fair che sarà aperta sino a stasera alle 20 al Superstudio Più in via Tortona. È la terza edizione, ulteriormente ampliata con ben 230 espositori, una buona rappresentanza internazionale (anche dagli Usa,Brasile e Asia) e diversi eventi collaterali coordinati dallo staff guidato da Fabio Castelli, collezionista ed esperto della materia.
In un continuo saliscendi tra passato e presente, tra analogico e digitale, tra gusto vintage e trionfo di photoshop, le grandi firme della fotografia italiana, oggi tornata molto di moda, ci sono tutte: Gian Paolo Barbieri, Luigi Ghirri, Nino Migliori, Gianni Berengo Gardin, Ugo Mulas, Mimmo Jodice, Ken Damy, Maurizio Galimberti, Mario Giacomelli, Guido Harari, Franco Fontana. Il punto di vista però si allarga anche a quegli artisti che «usano» la fotografia nel proprio lavoro, in maniera asintattica e oltre le regole, ma portando un indubbio contributo di innovazione e freschezza: Matteo Basilé, Silvia Calcagno, Davide Bramante, Liu Bolin, Silvia Camporesi, Georges Rousse e Giacomo Costa tra i tanti.
Tra reportage e moda, paesaggio e nudo, si inseriscono alcune iniziative interessanti anche per chi non vuole o non può mettere in preventivo una spesa che da qualche centinaia di euro può raggiungere diverse migliaia. L'angolo del collezionista, zona riservata agli esperti di conservazione; il «Codice MIA», dove 45 fotografi sono stati selezionati per presentare i loro portfolio a una giuria di competenti; «4 mani», che sottolinea il rapporto ancora esistente tra fotografo e stampatore, troppo spesso sacrificato all'estetica del fai da te dell'immagine digitale; «Dummy Award», un premio destinato ai progetti di libri, in cui si vince la pubblicazione o un dignitoso contributo in denaro; «Tempo ritrovato», ovvero l'individuazione di un archivio particolarmente prezioso (il riconoscimento è andato a Federico Garolla, scomparso nel 2012). Infine «Proposte MIA» dedicato a quei fotografi senza galleria che possono proporre ugualmente il lavoro all'attenzione del pubblico (e diversi autori dell'anno scorso hanno poi trovato casa).
Da segnalare le personali di Mario De Biasi e Giovanni Gastel, un'ampia sezione dedicata all'editoria specializzata oltre ad alcune iniziative onlus a scopo benefico. Insomma, in soli tre anni MIA si è trasformata da piccola fiera ad autentico festival della fotografia e il suo successo ha «filiato» altre mostre gemelle a Venezia e Torino.

Gli organizzatori si aspettano un gran pubblico, quando faranno i conti stasera sono fiduciosi che risulteranno ben oltre le 20mila presenze del 2012.

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