Roma

Cyrano in punta di rima contro tutte le ipocrisie

Il Cyrano del terzo millennio è un uomo che lotta da solo contro le volgarità e le ipocrisie del mondo. «È rimatore, scienziato, musicista e rivoluzionario, ma soprattutto è un acrobata del pensiero, un funambolo della parola, un maestro di leggerezza».
Così Daniele Abbado, regista del Cyrano de Bergerac rilettura della celebre opera di Edmond Rostand che oggi inaugura in prima nazionale la nuova stagione del teatro Argentina, con Massimo Popolizio nel ruolo dell’incantatore di donne dal naso grosso, definisce l’eroe romantico e picaresco che non si piega ai ricatti della mediocrità, anzi, rifiuta convenienze e compromessi.
Lo spettacolo, costruito su un testo popolare ma complesso, portato in scena in passato da fior d’attori (nel ’53 da Gino Cervi, diciotto anni fa da Franco Branciaroli, sul grande schermo nel ’90 da Gerard Depardieu diretto da Jean Paul Rappeneau), vede impegnati sull’impianto scenico ideato da Graziano Gregori 16 giovani attori nei panni di quaranta personaggi, nobili, poeti, capitani, seccatori, cadetti, cappuccini, musicisti e suore. Nel ruolo della soave Rossana c’è Viola Pornaro, in quelli di Cristiano Luca Bastianello. La storia, incastonata tra baci, equivoci ed apostrofi rosa, è quella dell’amore infelice di Cyrano per la cugina Rossana: segretamente innamorato di lei, Cyrano scrive dei versi che poi mette in bocca a Cristiano per sedurla. Uno scambio di ruoli da giocare sul filo dell’equivoco. Nei panni del poeta utopista, che in questa lettura depurata dai cliché tardo romantici possiede la caratura di personaggi dickensiani (al posto del cappello piumato Cyrano osa una grossa tuba) c’è un attore di metodo, Massimo Popolizio. Un attore che passa tranquillamente dal teatro al cinema, professionista allenato a esaltare i caratteri dei personaggi anche solo con la voce. Doppiatore di Tom Cruise in Eyes Wide Shut di Kubrick e di Kenneth Branagh in Hamlet, Popolizio sul grande schermo ha prestato il timbro anche a Lord Voldemort nella saga Harry Potter.
Popolizio, come sarà il suo Cyrano?
«Moderno, tanto che pensavo di entrare in scena nudo e con scarpe da marine. Scherzo. Sarà un Cyrano con la “c” senza francesismi perché porta in sé temi universali e popolarmente alti. Lo considero un eroe perdente più vicino a Don Chisciotte che a Dartagnan».
La scelta stilistica operata sul testo ridotto dalla traduzione dei versi di Mario Giobbe è stata netta, perché?
«Più che sulla forma abbiamo scelto di lavorare sui contenuti, ma il copione in versi ha obbligato tutti gli attori a recitare prendendo le distanze da certi ideologismi e dal sudiciume interpretativo. In questa commedia morale imbastita sull’amore le parole “dette” servono a sedurre. Rossana, Cristiano e Cyrano vivono un amore impossibile, animano una triangolo sentimentale con Cyrano che si affida a Cristiano come un doppiatore al sync: mette le sue battute in bocca al giovanotto, lasciando che Rossana se ne innamori».
Più difficile doppiare o recitare?
«Recitare. Dato che il lavoro al sync è concentrato sulle sequenze da doppiare, se l’attore che ti trovi davanti allo schermo è uno bravo puoi arrivare a lui ispirandoti alle immagini. Altrimenti, bisogna fare un lavoro di scavo. Ora, per esempio, mi sto lasciando guidare da Tim Roth (già doppiato nel film di Tornatore La leggenda del pianista sull'oceano, ndr) a cui presto il timbro in Lie to me il nuovo serial televisivo della Fox. Per il diabolico Lord Voldemort, invece, ho frugato nel mio lato oscuro».
Vale a dire?
«Ogni personaggio che interpreto, buono o cattivo, ha delle corde che mi appartengono ma talora mi capita di imitare ciò che vedo nella realtà. Rubo con gli occhi, tantissimo, osservo la gente che cammina per strada e ogni situazione può essere fonte di spunto. In tram, al ristorante, e anche qui ora».
Come si è trovato sul set de «Il grande sogno»?
«Benissimo perché Placido è un maestro nel dirigere gli attori. Del film invece non posso dire molo: devo ancora vederlo».
Cosa prova nel momento in cui si apre il sipario?
«Paura, tanta.

È un fatto caratteriale, come altri colleghi temo il giudizio della gente e il batticuore a teatro serve anche a esorcizzare i timori».

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