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Dall'Unione Europea nessun aiuto per i marò

La strapagata diplomazia Ue non ci sostiene con l’India. E Strasburgo ci bastona pure per i clandestini

Dall'Unione Europea nessun aiuto per i marò

Grazie Europa! Noi italiani possiamo dirlo forte. Mentre la Corte di Giustizia di Strasburgo ci mette alla berlina per la vicenda dei respingimenti, la diplomazia europea non muove un dito per aiutarci a far tornare a casa i due fucilieri di San Marco arrestati dalle autorità indiane ed accusati di omicidio. Sindrome di Calimero? Non proprio. Qualche ragione per esigere un maggiore attivismo europeo ce l’avremmo. La prima si chiama Navfor Atalanta. La missione - avviata dall’Unione Europea per prevenire e combattere il fenomeno della pirateria - ci vede presenti nelle acque dell’Oceano Indiano dal marzo 2009. Da allora 9 unità della Marina Militare italiana si sono alternate nelle operazioni e dall’11 dicembre 2009 al 14 aprile 2010 la nave appoggio Etna ha ospitato il comando missione. Partecipare a queste operazioni - resesi necessarie perché l’India e altri stati rivieraschi non muovono un dito per combattere la pirateria - non è propriamente un gran affare. Per capirlo basta scorrere il decreto legge 215 del 29 dicembre che autorizza lo stanziamento di 49 milioni di euro per la «partecipazione di personale militare all’operazione militare dell'Unione Europea denominata Atalanta e all’operazione Nato denominata Ocean Shield per il contrasto della pirateria».

Quarantanove milioni di euro non sono noccioline. E non lo sono neppure le altre decine di milioni di euro sborsate per contribuire ai salatissimi conti del cosiddetto «Servizio Azione Esterna». L’ambizioso progetto, previsto dal trattato di Lisbona, prevede la creazione di un rete di rappresentanze diplomatiche europee. Per foraggiare le oltre 130 ambasciate con bandiera e blu e stellette già in servizio l’Unione Europea, spenderà nel 2012 più di 487 milioni di euro. L’Italia risulta esser, ancora oggi, il terzo maggior contribuente del bilancio europeo. Dunque, fatte le debite proporzioni, un terzo dei costi sostenuti per mantenere l’ambasciata dell’Unione Europea a Nuova Delhi esce dai portafogli dei nostri contribuenti. In virtù di questa partecipazione sarebbe lecito attendersi almeno un comunicato di sostegno all’attività diplomatica esercitata dal nostro Paese per salvare la reputazione di due militari trattati alla stregua di veri pirati. Pura illusione. Per capirlo basta curiosare nel sito della rappresentanza europea a Nuova Delhi. Tra le attività svolte negli ultimi dieci giorni da questo vibrante simbolo di solidarietà europea spiccano un comunicato congiunto sul summit Ue di Nuova Delhi del 10 febbraio e una dichiarazione congiunta su attività di ricerca e innovazione. Per i nostri due marò manco un fiato.

Pensate ad un eccesso di discrezione? Allora inviate, come ha fatto Il Giornale, una richiesta d’informazioni all’addetto stampa Gunjan Chanana. La gentile signora, pagata con i soldi europei, a tutto ieri non ci aveva degnato d’uno straccio di risposta. Per 487 milioni all’anno non si possono, del resto, pretendere meccanismi solerti ed oliati. Anche perché aspettarsi solidarietà ed aiuti da chi, nella grande Europa, spesso lavora per farti le scarpe è un’azzardata illusione. Per capirlo basta seguire la magica pista dei soldi. Seguendola si scopre che solo un anno fa la nostra Finmeccanica sognava di raddoppiare le commesse in territorio indiano. Sul Wall Street Journal dell’11 febbraio 2011 Giorgio Zappa, responsabile delle attività di Finmeccanica in India, prevedeva di portare il fatturato dell’azienda italiana da 250 milioni di euro a oltre 500. In quelle previsioni rientravano anche i piani per il rinnovamento dell’aeronautica militare indiana. Il povero Zappa non aveva fatto i conti con i fratellini europei d’Oltralpe. Nicolas Sarkozy - dopo aver allegramente tentato di sbatterci fuori dalla Libia - sta ora chiudendo un contratto da 15 miliardi di euro per la fornitura a Nuova Delhi di 126 caccia bombardieri Mirage Rafale. Quel contratto spiazzerebbe completamente Finmeccanica che contava invece sulla fornitura di 126 Eurofighter Thyphoon costruiti assieme ad un consorzio di altre imprese.

Qui oltre ai soldi bisogna guardare alle date. L’entrata a gamba tesa della Francia nel mercato delle commesse militari ed aeronautiche indiane risale al 31 gennaio scorso. Neanche 15 giorni dopo esplode il caso dei due marò arrestati. Quella disputa, sviluppatasi nella completa indifferenza dei nostri partner europei ed articolata proprio intorno ad una questione squisitamente militare, rischia, per caso, di mettere completamente fuori gioco Finmeccanica? A pensar male si fa peccato, ma si rischia di azzeccarci.

Soprattutto se di mezzo ci sono l’ingordo fratellino Sarkozy e la snaturata mamma Europa.

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