Politica

Dario cerca l’anima democratica ma si perde

RomaMa se nel Pd dovrebbero starci tutti anche se «più o meno allegramente», postcomunisti, postdemocristiani, postverdi e postini, radicali e scout, focolarini e pure l’Opus Dei, perché non chiamano il Cavaliere e gli offrono il volante, vista la carenza di leadership che li attanaglia e la propensione di quello a fare tutto lui? Gran bel dibattito, ieri sera al senatoriale hotel Bologna con ben due segretari due, Dario Franceschini e Guglielmo Epifani, intervistati da Giovanni Floris (quello di Ballarò) sull’ultima fatica di Luigi Manconi, ex senatore, ex sottosegretario, ex portavoce verde, ex lottatore continuo e pensatore di fede prodiana. Un libro «di svolta» come suol dirsi, di quelli che squarciano i veli e le nebbie, rivelando genialmente la giusta rotta. Titolo: Un’anima per il Pd. Sottotitolo: la sinistra e le passioni tristi; citazione dotta ma di grottesca tragicità che forse sfugge all’autore e ai convenuti. Con eccezione del brillante conduttore, che infatti apre la serata rivolgendosi a Franceschini: «Dovendo parlare del Pd, non si può che partire da Berlusconi».
Ma il segretario del Pd mica coglie l’ironia o tanto meno la sollecitazione a scavare nel vivo. Giulivo e spensierato si lancia nel ritornello di Berlusconi che «ha ceduto alla Lega» sul referendum elettorale e che s’è adattato ormai alla linea del «mi piego e non mi spezzo», ma noi del Pd continueremo a denunciare che quei 400 milioni della «Bossi tax» era meglio «devolverli ai terremotati». Oddio, l’intervistatore avrebbe ben potuto ricordargli che la democrazia ha i suoi costi, e che è un grave vulnus alle regole democratiche regalare a questo referendum, con l’accorpamento, il quorum che tutti gli altri hanno dovuto faticare, spesso mancandolo. Però Franceschini s’è fatto male ugualmente e da solo, perché dovendo rispondere più tardi a che cosa farà il suo partito in questo referendum - andare o non andare, votare sì oppure no - s’è rituffato nella nebbia più sconfortante: «Dobbiamo decidere che cosa fare al referendum, nel Pd c’è una totale trasversalità».
E passi per la sorte di Eluana Englaro, la fecondazione assistita o l’aborto, ma possibile che persino sul porcellum non riescano a darsi una linea unitaria? Per ben tre volte, come San Pietro, quel povero segretario si sente domandare come pensa di tenere insieme tutte le anime del suo partito, come spera di non vederselo sfaldare sotto il sole di giugno e infine, costretto all’angolo, deve rispondere. Annaspa, abbozza una proposizione, poi ci ripensa e legge il passo del fresco libro di Manconi - «lo condivido in pieno» - che con alta acrobazia spiega come proprio la «diversità culturale» porta all’unità. Moscio e fragile, se ne accorge da solo. Allora lascia il libro e getta al vento: «Un tessuto di valori». La platea democrat arrossisce per lui, nessuno lo dice ma tutti stan pensando ah, se ci fosse Walter! Franceschini però non s’arrende e finalmente trova le note giuste: «Ci tiene uniti la scelta di stare dalla parte dei più deboli, sempre!» Manconi si sente anch’egli risorto e incalza: «Uno slogan nuovo e antico per tenere insieme il Pd? Uguaglianza, fraternità, libertà!». Fabris è spietato: «La libertà se la sono già presa gli altri». Ma sì, allons enfants.
Il parossismo si raggiunge quando alla stessa domanda, «come stare insieme?», è chiamato a rispondere Epifani. Il quale con saggezza olimpica snocciola la ricetta Cgil, «identità accettate», «valori condivisi», ma soprattutto «condivisione delle regole dello stare insieme». È per questo che in Cgil «c’è vera democrazia», il Pd impàri. E se da una vita ormai quel sindacato non firma più niente, dice sempre no su tutto pur di non spaccarsi, è un dettaglio che sfugge ad Epifani. A Franceschini no, che infatti s’infuria come una vipera e lo assale, «è esattamente il contrario di quanto avviene nel sindacato», è ora che «prendiate il coraggio e facciate come noi, il sindacato unico». Ma come, Franceschini non ha ancora capito che solo la Cgil è «il sindacato che contratta», Cisl e Uil «gestiscono la bilateralità e i servizi»?
Le passioni tristi della sinistra? Guardi gli oratori mentre Epifani pontifica e comprendi. Manconi pensoso che si regge la fronte con la mano, Franceschini che fissa il vuoto con le labbra corrucciate, Floris che ha perso il sorriso standard del bravo presentatore tv, l’ultimo, Marino Sinibaldi, che guarda ipnotizzato il tavolo di cristallo al quale sono seduti.

Prodi dice che con l’Unione si vince? «Prodi parla di unione con la U minuscola», puntualizza mesto Franceschini.

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