Controcultura

"Darke", il lato simpatico della misantropia

"Darke", il lato simpatico della misantropia

James Darke si definisce - citando il Dr. Johnson - «un buon odiatore». Nello specifico, alla soglia dei settant'anni, rimasto solo, Darke, nell'oscurità che il suo nome lascia intendere, non sopporta: il cane del vicino; chiunque suoni alla sua porta; la domestica bulgara che cerca di conquistarlo discutendo di Dickens e gli regala perle di saggezza vera (come questa: «Per essere uomo intelligente sei davvero stupido»); le lettere e le telefonate, che respinge senza eccezioni; qualunque contatto umano e non, in generale. Dovesse girare per strada, cosa che evita accuratamente, lo farebbe con un cartello al collo: «Non parlarmi, non avvicinarti neppure. Le tue opinioni non mi interessano».

L'unica attività a cui Darke si dedichi ancora, oltre alla cura del suo aspetto, è il suo diario, «un libro di formazione per anziani scoraggiati e tragicamente consapevoli». Per esempio lui sa che con la figlia Lucy non riesce a essere paterno, che odia il genero che lo chiama «papà», che è un uomo «debole, inadeguato ed egoista» e in questo non si crede affatto una persona eccezionale (nel senso di eccezione). Insomma Darke è un misantropo all'ennesima potenza: e nella prima stesura del romanzo (dal 4 ottobre nelle librerie, Bompiani) era perfino peggio, come spiega nella postfazione l'autore Rick Gekoski, commerciante di libri rari, autore di saggi e ora, per la prima volta, di un romanzo «tardivo». Come Darke, la cui «voce» lo ha tormentato per mesi fino a che ne ha messo su carta pensieri e vita, Gekoski è vissuto fra e per i libri: il suo antieroe è stato un insegnante di letteratura inglese, ovviamente politicamente scorretto (per ricordare i nomi degli studenti, li classificava in base ai difetti fisici...) e ormai sfiduciato anche sul potere della letteratura di migliorare l'esistenza.

Ma tutto questo ha una spiegazione: James Darke ha perso il suo lato luminoso, la moglie Suzy, amatissima e ironica, scrittrice a caccia di ispirazione (suggerimento del vedovo inconsolabile: «Gli aspiranti scrittori farebbero meglio a studiare fisica»), che come lui odia la saggezza e ama i silenzi.

Però, come in una trama del suo autore-feticcio Dickens, anche Darke comincerà a sciogliersi, a riscoprire i compromessi quotidiani, a riaprire la porta superblindata.

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