Controcultura

In "Dataroom" la decrescita della Gabanelli

In "Dataroom" la decrescita della Gabanelli

L'attrazione fatale tra giornalismo e politica è un dato di fatto accertato. Se all'inizio si guardano tra di loro con sospetto, prima o poi finiscono per somigliare ad amanti clandestini, indecisi e diffidenti eppure propensi a consumare il loro rapporto sentimentale. Per il cronista, il corsivista, l'opinionista, la tentazione di saltare dall'altra parte della barricata è sempre forte, a rischio di perdere quella credibilità di cui si erano fatti vanto, e così l'equidistanza, l'imparzialità, la ricerca ostinata della verità. Eppure il giornalista, per essere del tutto credibile, dovrebbe non avere amici, non proteggere qualcuno, evitare l'opportunismo anche se poi tutti teniamo famiglia e qualche compromesso dovremmo pur prevederlo. Per chi si erge a paladino dei diritti di tutti, difensore dei consumatori, dispensatore di indicazioni morali e modelli di comportamento, deve essere ancora più difficile la scelta di assurgere a simbolo per uno schieramento politico.

L'inesorabile avvicinamento di Milena Gabanelli - stiamo parlando di uno dei volti più efficaci sul piccolo schermo - al M5s, da tempo desta più di un sospetto, fin da quando a Beppe Grillo venne l'idea di candidarla alla presidenza della Repubblica. Disse di no, la grintosa giornalista, ma non che non ci abbia pensato. E si vocifera di un ritorno in grande stile nell'imminente Rai grillina, dopo l'addio, non senza traumi, del 2017. Ma il carattere difficile di Milena si adatterà alla definitiva trasformazione del Movimento in partito neo-tecnocratico di stampo montiano che vuole governare a ogni costo ed è propenso ad abbandonare la pancia per la testa? Staremo a vedere...

Nel frattempo Gabanelli si è dedicata a un diverso tipo di informazione televisiva che ne interpreta la mutazione genetica in atto. Dataroom, la sua striscia quasi quotidiana sul sito del Corriere della Sera, in meno di 3 minuti affronta i temi di maggior attualità, spaziando fra le notizie provenienti da tutto il mondo e mescolando gli argomenti più svariati con piglio postmoderno, grande efficacia lessicale, formale e contenutistica. Competente al limite dell'onniscienza, Gabanelli sa tutto e ha (beata lei) un'opinione su tutto: i missili della Corea del Nord che causano disastri ambientali e le sostanze tossiche contenute nei sex toys (!) di produzione cinese, le tentazioni secessioniste e l'Iva al 22 per cento sugli assorbenti, le pillole antidolorifiche mortali e la moda di immatricolare l'auto con targa straniera per evitare le multe, l'obsolescenza programmata degli smartphone e il caro università.

Su questi e altri temi la giornalista ci mette in guardia, trovando sempre l'elemento dissonante, che desta sospetto. Le dessimo retta, ci sarebbe da smettere di consumare, grideremmo tutti alla teoria del complotto, passeremmo il tempo a compilare richieste di danni ai produttori.

È lei la voce ufficiale della decrescita felice secondo i principi di Serge Latouche. Ma siamo sicuri che questa balzana teoria vada ancora così di moda?

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