Economia

Il debito pubblico sfonda i 2mila miliardi

In un anno di cura Monti solo lo spread Btp-Bund è migliorato, tutti gli altri indicatori fotografano un Paese sull'orlo del baratro. Ecco i fallimenti dei tecnici: guarda l'infografica

Il debito pubblico sfonda i 2mila miliardi

La campagna elettorale è iniziata. E, come sempre, c'è il rischio di annegare nella burrasca di dichiarazioni, denunce e promesse senza capire dove sta la verità. L'accusa mossa da Silvio Berlusconi al governo dei tecnici è stata durissima: "Non voglio dire che ci sono stati degli errori ma Monti ha seguito una politica troppo germanocentrica. Gli indicatori economici sono tutti peggiorati, non sta a me dare giudizi, ma i dati sono tutti negativi". Il governo si è difeso tacciando l'ex presidente del Consiglio di populismo. Eppure basterebbe andare a guardare i report trimestrali che l'Istat, la Banca d'Italia, il Centro studi di Confindustria e la Cgia di Mestre pubblicano per capire che il Cavaliere ha ragione: eccetto lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi, tutti gli altri indicatori sono pesantemente negativi e il sistema Italia sta peggio rispetto a un anno fa (guarda il grafico). Basta dare un'occhiata al supplemento "Finanza pubblica" al bollettino statistico della Banca d’Italia: il debito pubblico italiano sfonda quota 2mila miliardi e a ottobre si attesta a 2.014 miliardi, in valore assoluto il livello più alto di sempre.

La cura Monti non ha funzionato. Adesso che il premier è in piena campagna elettorale preferisce non dire i fatti come stanno: accusa senza mezzi termini il precedente governo e spiega che i numeri non dicono tutto. Eppure siamo andati proprio a spulciare tutti quei numeri che ogni settimana vengono snocciolati dall'istituto di statistica per capire come sta l'Italia. Una sorta di screening del Belpaese. A insospettirci è stato il cambio di casacca fatto dalla Goldman Sachs nel giro di una sola settimana: se qualche giorno fa assicurava che l'Italia si stava tranquillamente avviando fuori dal tunnel della crisi economica, questa settimana la banca statunitense ha rivisto le previsioni minacciando una catastrofe economica. Cos'è cambiato? Il Pdl ha “sfiduciato” i tecnici e Berlusconi ha sciolto le riserve annunciando la propria candidatura alle politiche del 2013. Basta dare un'occhiata ai numeri sull'economia italiana per capire che le accuse mosse dalla Goldman Sachs, dai poteri forti di Bruxelles e dalla sinistra italiana non sono basati su dati concreti. Ci siamo fatti dare una mano dalla Cgia di Mestre i cui dati non fanno certo ben sperare. Nel 2011 il prodotto interno lordo era in crescita (+0,4%), quest'anno è letteralmente crollato (-2,3%). Una contrazione che ha subito inciso sui consumi che sono passati da +0,1% a -3,4%. “Indubbiamente in questo ultimo anno le cose sono peggiorate”, ha spiegato il presidente della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi che, però, non se la sente di “dare tutta la responsabilità” ai tecnici. Una cosa è certa: la pressione fiscale è lievitata a livelli da record. Secondo il rapporto del Centro studi della Confindustria, la pressione fiscale effettiva è “insostenibilmente elevata”: il 53,9% del pil al netto del sommerso dal denominatore. Nel 2011 si parlava di una pressione al 42,8%.

“Con Monti la tassazione è aumentata in maniera ingiustificata penalizzando soprattutto le famiglie e le piccole imprese – ha continuato Bortolussi – a mio avviso doveva avere più coraggio nel tagliare la spesa improduttiva che invece è stata solo sfiorata”. L'Imu non è, infatti, l'unica tassa che è stata introdotta dal governo tecnico. Convivere con una pressione fiscale tanto alta significa avere poche risorse per fare nuovi investimenti, creare occupazione e rafforzare sul mercato i prodotti o i servizi. “Se a questo si aggiunge la stretta creditizia che continua a penalizzare proprio il mondo dell’impresa – continua il presidente della Cgia – il quadro generale è disastroso”.

Tra gli indicatori economici solo lo spread è a favore di Monti. Viene, però, da chiedersi che utilità ha avere il differenziale sotto la quota psicologica dei 300 punti base, se il debito pubblico continua a salire. Lo stesso Berlusconi ha fatto notare che l'uso che viene fatto dai poteri forti dello spread è “un imbroglio” per “abbattere una maggioranza votata dagli italiani”. Anche in questo caso ci vengono incontro i dati della Banca d'Italia. Secondo gli analisti di va Nazionale, il debito pubblico italiano, che a ottobre ha superato i 2mila miliardi, è aumentato da inizio anno (a gennaio 2012 era pari a 1.943,455 miliardi) di 71,238 miliardi. Il 3,7% in più dall’inizio dell’anno. Non solo. Anche il mercato del lavoro ha visto un netto peggioramento, nonostante la riforma portata avanti dal ministro del Welfare Elsa Fornero che avrebbe appunto dovuto favorire l'occupazione. Durante il governo Berlusconi, la disoccupazione era addirittura scesa passando dall'8,4% nel 2010 all'8% nel 2011, per poi balzare di nuovo in avanti con Monti toccando il 10,6%. Secondo la Cgia di Mestre, il calo parte dalla contrazione dei consumi interni. “Le famiglie non spendono più, pertanto hai voglia di produrre di più e meglio – ha continuato Bortolussi – se la gente non compra più, le imprese devono ridurre la produzione e conseguentemente occorre meno personale. Non è un caso che le uniche filiere produttive che ancora reggono la sfida sono quelle che operano nei mercati esteri”.

Insomma, tutti gli indicatori a nostra disposizione decretano il fallimento del governo tecnico. In molti, adesso, chiedono di voltare pagina. Le parti sociali tornano a lanciare un appello al prossimo governo affinché si impegni a ridurre le tasse e a rendere la pubblica amministrazione meno costosa e più efficiente. "Paghiamo troppo per avere in cambio poco o nulla - ha concluso Bortolussi - abbiamo punte di eccellenza nella sanità, nell’università, nel mondo della ricerca che tutti ci invidiano.

Tuttavia dobbiamo invertire la tendenza, con meno spesa improduttiva possiamo conseguentemente ridurre anche le tasse, combattendo così anche l’evasione che oggi è indotta da una pressione tributaria che ormai non ha eguali nel resto d’Europa".

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