Politica

DEMAGOGIA CONTABILE

Il governo ha varato una Finanziaria colpita e scolpita dall'antipolitica. Colpita e affondata nelle parti che avrebbero potuto renderla credibile (welfare e pensioni), scolpita e sfregiata da una serie di annunci (sui costi della politica) che niente hanno a che fare con lo sviluppo, le tasse, l'economia.
Partiamo da quest'ultimo punto per poi risalire alla questione fiscale. È surreale vedere un governo che detiene il record storico di ministri e sottosegretari (siamo a quota cento) chiedere alle Camere una riduzione dei parlamentari. Per far questo, l'esecutivo deve farsi promotore di una riforma costituzionale il cui percorso è lungo e incerto. Nell'immediato non accadrà nulla. Se il governo Prodi voleva dare un segnale rapido, poteva ridurre il numero di ministri e sottosegretari che lo compongono. Si può fare subito, ma ha un costo politico che il centrosinistra non vuol pagare.
Nella scorsa legislatura il centrodestra aveva portato a compimento una riforma costituzionale che superava il bicameralismo perfetto, rafforzava i poteri del premier, eliminava il gigantesco contenzioso tra Stato e Regioni, tagliava il numero dei parlamentari. Quella riforma però il centrosinistra ha preferito affondarla con una campagna referendaria che non era nel merito della legge, ma propaganda. Come quella sul «sollievo per i ceti deboli»: centocinquanta euro di bonus natalizio per i poveri sono una presa in giro, pari alla stratosferica cifra di 0,41 euro al giorno. Ci sarebbe voluto altro, per «dare sollievo» ai contribuenti e sostenere l’economia in una fase di incertezza. Per esempio, aiutare le famiglie reintroducendo gli sgravi per i figli a carico.
Sulla questione fiscale non è stato fatto niente, tanto che il record di pressione (43,1 per cento nel 2007), se diamo per buone stime del governo nel 2008 calerà di un misero 0,1 per cento. Sulle imprese, il taglio dell’Ires è compensato dall’allargamento della base imponibile, dunque la partita è a somma zero. L’applicazione del protocollo sulle pensioni e il welfare - annunciato per la fine di marzo e siglato in luglio - non ha visto la luce. Non è un buon segnale per il governo, talmente debole da dover attendere l’esito del referendum nelle fabbriche e fra i pensionati per accendere (forse) il semaforo verde. Per frenare la sinistra estrema Prodi ha bisogno del sindacato, ma potrebbe non bastare perché Rifondazione e soci sono sul piede di guerra. L’unico motivo per cui alla fine qualcosa passerà è che se non si fa niente, il 1° gennaio entrerà in vigore lo scalone della riforma Maroni.
Dunque, è una Finanziaria non leggera - come dice Prodi - ma debole. Non di rilancio ma elettorale, come provano le micromisure di cui è farcita. Non sociale ma pauperista, come dimostra il bonus di Natale.


È la Finanziaria che purtroppo ci aspettavamo.

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