Roma

Detenuto morto, la Procura indaga per omicidio preterintenzionale

L'ipotesi di reato è stata formulata sulla base delle lesioni riscontrate sul cadavere di Stefano Cucchi e documentate da una serie di drammatiche foto rese pubbliche dalla famiglia La sorella della vittima: «Finalmente si muove qualcosa»

Si indaga per omicidio preterintenzionale sulla misteriosa morte di Stefano Cucchi, il giovane di 31 anni fermato dai carabinieri per droga lo scorso 15 ottobre al parco degli Acquedotti e morto il 22 all'ospedale Pertini dopo alcuni giorni di detenzione nel carcere di Regina Coeli. Il reato è stato ipotizzato dal pm Stefano Barba sulla base della tipologia delle lesioni riscontrate sul corpo della vittima e documentate da una serie di drammatiche fotografie, pubblicate dai giornali su richiesta della famiglia, che mostrano Cucchi sul tavolo autoptico con il volto devastato, l'occhio destro rientrato, l'arcata sopraccigliare sinistra gonfia in modo abnorme e la mascella fratturata. Il magistrato vuole accertare se il detenuto sia stato picchiato e da chi, e se siano state le lesioni riscontrate a causarne la morte. E per questo, in attesa dell'esito dell'autopsia, ha già sentito come testimoni alcuni carabinieri della stazione Appio-Claudio dove Cucchi passò la prima notte in cella di sicurezza subito dopo il fermo per detenzione di droga. Già ascoltati anche gli agenti di polizia penitenziaria che ebbero a che fare con la vittima all'interno del carcere. Altre persone dovranno essere interrogate dal magistrato, tra queste anche l'uomo cui Cucchi cedette l'hashish prima di essere amanettato.
«Finalmente si sta muovendo qualcosa», ha commentato la sorella di Cucchi dopo aver appreso che era stata formulata dalla Procura l'ipotesi di reato. «Stefano - sostiene Ilaria - stava bene. Aveva fatto un percorso di tre anni in una comunità, ma si era riabilitato. Tanto che lavorava. La decisione di far vedere le foto è stata sofferta, ma si è parlato di caduta accidentale e dovevo far vedere in che condizioni era Stefano».

Della vicenda si è interessato anche il ministro della Giustizia Angelino Alfano, che ha telefonato al procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara per assicurarsi che la verità venga accertata velocemente.

Commenti