Controstorie

In difesa di donne e gay anche l'Olanda libertaria si schiera con Wilders

«La democrazia è in pericolo, a minacciarla sono i musulmani» dicono i numerosi sostenitori. E il Partito della Libertà vola

In difesa di donne e gay anche l'Olanda libertaria si schiera con Wilders

Marzio G. Mian

da L'Aia

«Vero, è proprio così: la democrazia in Olanda è in pericolo», dice la signora Loes mentre compra le sogliole al mercato di Almere, città operaia nata negli anni Ottanta sulla terra conquistata al mare con le dighe, un grigio agglomerato operaio di 200mila abitanti poco a Nord di Amsterdam. «Però, caro mio, non è minacciata da Geert Wilders come dicono i media», s'infervora spalancando due grandi occhi azzurri. «Anzi, noi votiamo per lui proprio perché difende i valori progressisti olandesi, le conquiste libertarie, l'emancipazione femminile e sessuale come no? Anche i matrimoni gay. Difende il diritto degli olandesi a essere olandesi. A minacciare la democrazia sono i musulmani e i politici pavidi loro complici. La tolleranza non ci piace più se è imposta con la pistola alla tempia».

L'Olanda rompe gli schemi del populismo europeo, in politica ricorda la nazionale del calcio totale di Johan Cruyff: il ruolo in campo di Wilders è incatalogabile, non è ideologicamente di destra, non è un reazionario tradizionalista, non è un nazionalista identitario, smarcato da ogni logica politica novecentesca. Al vertice di Coblenza, battezzato «della destra populista europea», Wilders rappresentava solo il ciclone Wilders: è l'unico membro del suo partito della Libertà, il PVV, l'unico autorizzato a rilasciare dichiarazioni, l'unico a rischiare la pelle per le proprie idee, il solo costretto a vivere sotto protezione, a cambiare casa ogni giorno, a indossare un giubbino antiproiettile sotto l'abito Armani. Perché nessun leader in Occidente ha dichiarato guerra all'Islam come Geert Wilders, una guerra totale, implacabile, ma non religiosa: per Wilders l'Islam è un'ideologia totalitaria, il Corano «un manifesto politico come il Mein Kampf, solo più violento», il Profeta «un pedofilo», le moschee «territorio nemico», gli immigrati musulmani un «dato percentuale», quello che assegna loro l'80 per cento dei crimini commessi in Olanda. Non un solo millimetro concesso al politicamente corretto: «Volete voi più o meno marocchini?», ha chiesto alla folla in un recente comizio: «Meno, meno», ha risposto la gente. Per questo è stato incriminato per istigazione all'odio razziale. «Ovvio che se la gente avesse risposto che voleva più marocchini», chiosa il pescivendolo di Almere, «nessuno l'avrebbe denunciato».

Quante divisioni ha Wilders? Nel 2006 portò a L'Aia 9 parlamentari. Oggi i sondaggi gli attribuiscono tra i 36 e i 40 seggi alle elezioni di metà marzo: potrebbe essere il primo partito in Olanda, un tappeto arancione steso ai piedi dei leader nazional-populisti in corsa in Francia e Germania nei mesi a venire: «Ieri l'America, domani l'Europa. Preparatevi alla primavera dei popoli europei», aveva tuonato a Coblenza in tedesco con l'enfasi di chi si sente sospinto dal vento della Storia.

Bisogna girare la pacifica, civile, pragmatica e forse un po' noiosa Olanda per scoprire la tensione che cova nelle viscere d'Europa. Aiuta ad esempio entrare nella moschea Noeroel, alla periferia Est dell'Aia e incontrare il giovane imam Mohammed Hansildaar. «Tutti sanno cosa è successo agli ebrei in questo Paese», dice con una calma da brivido: «Sappiamo come il piccolo odio possa diventare grande odio. Si ripete con Wilders. Se vincerà vorrà dire che una gran parte degli olandesi odia i musulmani. Cosa accadrà allora nei mercati, nella metropolitana, nelle scuole? Si arriverà allo scontro. Noi imam stiamo mobilitando tutti gli islamici a votare. Votate questa volta, lo chiede Allah, diciamo».

In Olanda ci sono un milione di musulmani su sedici milioni di abitanti. Eredità delle colonie, Suriname, Indie olandesi. Ma l'ondata che ha cambiato il volto del Paese è stata quella dell'immigrazione prima turca e poi marocchina negli anni Settanta e Ottanta, incoraggiata dalle grandi industrie per carenza di mano d'opera. I ricongiungimenti famigliari e le nuove migrazioni degli ultimi anni hanno destabilizzato una società tradizionalmente tollerante e cosmopolita. L'emergenza terrorismo, i circa 200 foreign fighters partiti dai Paesi Bassi e gli attentati sempre più vicini - prima in Francia, poi Belgio e Germania - danno la sensazione dell'assedio, di una minaccia incombente che fa saltare i nervi. Stando ai dati del ministero dell'Interno e del museo Anna Frank, gli atti ostili contro i musulmani sono cresciuti del 40 per cento in un anno. Nella moschea marocchina dell'Aia, Khalil, 25 anni, racconta che tutti i suoi conoscenti hanno subito attacchi verbali e che non fa più uscire sua moglie da sola. «Quando esponenti politici come Wilders dicono certe cose, chiunque si ritiene legittimato ad agire», dice. «Ormai ci sono gli olandesi da una parte e i musulmani dall'altra, anche se sono cittadini olandesi di terza generazione come me. Non ci parliamo più. Ci ritengono tutti terroristi, ma io mi chiedo perché ai tempi dell'Ira non tutti gli irlandesi erano ritenuti terroristi?».

L'Olanda pacifica, civile eccetera non è nuova alla violenza politica. Il libertario e anti-islamico Pim Fortuyn fu ucciso nel 2002. Nel 2004 il regista Theo Van Gogh, autore del film-denuncia Submission, venne bloccato in centro ad Amsterdam da un olandese d'origine marocchina, crivellato di colpi e poi sgozzato. Fu allora che il giovane politico Geert Wilders dichiarò che era tempo di inaugurare la Jihad liberale contro l'Islam e a sua volta produsse un video demonizzando il Corano fino a bruciarlo. «Questa è guerra», dice. Ora nel suo mirino ci sono anche le élites de L'Aia e Bruxelles: «Non vedono l'elefante nella stanza, cioè l'Islam. La peggior malattia che abbiamo sofferto in Europa negli ultimi decenni è il relativismo culturale, l'idea sostenuta dai liberal e dalle sinistre che tutte le culture sono eguali. Non lo sono. La nostra, basata sul cristianesimo, l'umanesimo e il giudaismo, è una cultura migliore. Questo relativismo ha fatto sì che la nostra gente non sa più chi è, ha perso l'autostima. E io voglio restituire agli olandesi l'orgoglio di essere olandesi e liberi». L'Olanda torna nostra, il suo motto, #NederlandWeerVanOns è l'ashtag lanciato da Wilders, che come gli altri leader sovranisti europei ha adottato la dottrina Trump.

Nella sua cittadina natale, a Venlo, nel Limburgo, provincia cattolica nel Sud Est del Paese, gli operai entrano in fabbrica con capelli e felpe che riportano i suoi slogan. «I marocchini vengono qui, dicono i musulmani fanno questo, i musulmani fanno quello Ci stanno imponendo le loro regole, ci stanno colonizzando», dice John Beheercher, ex militare e responsabile di un centro anziani nel quartiere a Nord, dove è più alta la concentrazione di disoccupati e di islamici. «Certo non tutti sono criminali e potenziali terroristi, ma a scanso di equivoci meglio rispedirli al loro Paese». Fa un certo effetto, in questo clima avvelenato, camminare per le poetiche vie del centro di Venlo e ascoltare all'unisono le campane della cattedrale di San Martino e il richiamo del muezzin della moschea turca. «Fino a dieci anni fa, dava una bella sensazione di serenità, di spiritualità», dice Marc Schakorjé, addetto in una mensa aziendale: «Ora quel canto sta diventando un incubo».

La rivoluzione dei tulipani non è la «rivoluzione delle dentiere», come fu scritto per i fan della Brexit o per l'elettorato di Donald Trump. «In Olanda, secondo un sondaggio appena uscito, i giovani tra i 18 e i 25 anni dicono che voteranno Wilders perché ritengono che non esista libertà d'espressione e loro vogliono poter dire qualsiasi cosa, come su Facebook», afferma Zakaria Bouders, 25 anni, studente in Storia e attivista laburista: «Così Wilders appare come un crociato contro la tirannia del politicamente corretto». L'altra crociata è per l'uscita dall'euro (l'Olanda si espresse per prima già nel 2005). I più scatenati sono i pescatori di Volendam, villaggio affacciato sul Markermeer, dove in quindici anni i pescherecci, a causa delle regole imposte da Bruxelles, sono passati da un centinaio a cinque.

«Ti assicuro che, tempo un anno, torneremo a fare il pieno di anguille», dice Jack Loege, discendente di una famiglia di pescatori dal Cinquecento: «Ora grazie ai signori di Bruxelles se le mangiano solo gli uccelli, io sono costretto a fare il muratore Il nostro voto per Wilders non è contro l'Islam, ma per tornare a prendere il mare come abbiamo fatto per tanti secoli».

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