Rapporti

Tra il dire e il fare meglio optare per il consulente

I saliscendi di gennaio e febbraio hanno evidenziato la scarsa razionalità di molti investitori

Come una molla premuta per troppo tempo, a fine gennaio e inizio febbraio scorsi, la volatilità è scattata violentemente, generando una correzione sui mercati che ha evidenziato, da una parte quotazioni giunte a livelli ormai insostenibili (l'S&P è cresciuto per 10 anni senza andare incontro a nessun bear market), mentre dall'altra ha messo in risalto le scelte non sempre razionali degli investitori nelle fasi di saliscendi dei mercati. Un fenomeno che ha riportato alla luce i temi della finanza comportamentale e l'importanza di affidarsi a un consulente finanziario di fiducia.

«La prima domanda che un gestore e un consulente si deve costantemente porre - sottolinea Marco Parini, direttore investimenti di CheBanca! - è se il portafoglio, l'allocazione o il prodotto di investimento che si offre a un cliente sia quello migliore possibile, quello che in sintesi massimizza la sua utilità o il profitto». La teoria finanziaria classica, in tal senso, offre tutti gli strumenti per elaborare soluzioni di portafoglio efficienti dato il profilo di rischio di ogni cliente e le informazioni disponibili. Ma basandosi sull'assunto della perfetta razionalità dell'investitore, i pericoli sono dietro l'angolo poiché, come sappiamo, c'è una certa differenza tra l'aspetto teorico e quello pratico.

«La teoria finanziaria classica - conferma Parini - ci permette di elaborare delle soluzioni efficienti, dato il profilo di rischio del cliente, basandosi però sempre sull'assunto della sua perfetta razionalità». I principi di finanza comportamentale aiutano invece a muoversi sul piano della non assoluta razionalità dei clienti, il che sposta l'obiettivo dei gestori e dei consulenti dal miglior portafoglio possibile al miglior portafoglio fattibile. «I modi in cui i comportamenti influenzano le scelte di investimento si possono sintetizzare - precisa Parini - nelle distorsioni cognitive e in quelle emotive. Se le prime riguardano l'ambito informativo e di conoscenza, le seconde dipendono dai meccanismi psicologici che scaturiscono dall'esperienza e dal carattere di ognuno, entrambi elementi che finiscono per allontanare l'investitore dalla decisione migliore o più efficiente». Nessuno, e gli studi dei maggiori esperti di finanza comportamentale lo confermano, è in grado di pesare adeguatamente le informazioni che ci arrivano: siamo, ad esempio, portati a dare più peso ad alcune notizie e meno ad altre, e spesso ciò è legato al modo in cui queste giungono a noi o ci vengono proposte.

Va da sé che i servizi di consulenza indagheranno sempre più le distorsioni comportamentali degli investitori, per poi agire di conseguenza, e conoscerli a fondo diverrà sempre più importante. «In questo scenario - conclude Parini - il ruolo del consulente sarà fondamentale». Specie perché dovrà garantire, insieme ai gestori, servizi di asset allocation ancor più efficienti mediante l'utilizzo di prodotti con caratteristiche specifiche, di soluzioni articolate sulla base dei bisogni reali del cliente e delle sue attitudini comportamentali, offrendo, in sintesi, il miglior portafoglio fattibile.

MDA

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