Il diritto di sapere se i politici sono lucidi

Le Iene li avevano snidati (o sniffati?) fuori da Montecitorio: avevano «rubato» un po’ di sudore ai parlamentari, lo avevano fatto analizzare e avevano informato gli italiani che molti di loro facevano uso di stupefacenti. La «casta» s’era ritirata in trincea, vietando la trasmissione e minacciando di far ricorso ai mortai e alle mitragliatrici se qualcuno avesse osato violare la privacy di onorevoli e senatori. Forse l’Udc non si ricordava più di questa reazione rabbiosa quando, nei giorni scorsi, ha fatto una proposta di legge per obbligare i parlamentari ad un test anti-droga. La risposta è stata una valanga di no, uno tsunami di indignazione.
Meno male, verrebbe da dire. In fondo si tratta di difendere un minimo di privacy. Nel 2000, Scott McNealy, il guru dell’informatica avvertiva: «La vostra privacy è già pari a zero. Fateci l’abitudine».
In effetti, l’impressione è che ormai non ci sia più scampo. Continuano a fare leggi e leggine per farti credere che ti tutelano, ma è una battaglia contro i mulini a vento. È entrata l’idea che il cittadino è come una bella donna da spogliare. Magari ci si indigna un po’ all’inizio, ma poi la curiosità è più forte dell’etica. Le telecamere ci spiano ormai anche nell’intimità, i telefoni sono diventati spazio per guardoni, i nostri dati girano per il mondo come pecore in transumanza. Se poi incuriosisci qualche giornale, corri il rischio di finire «sputtanato», salvo smentita del giorno dopo. Dunque, basta, dice il cittadino di buon senso. Mettiamo dei confini. Poi, però, sui politici affiora un dubbio. Ma davvero hanno bisogno d’essere difesi da un’informazione invadente? Non sono loro stessi ad incentivare la cultura di Narciso, per diffondere notizie auto-referenziali, con i loro tic, le scappatelle romantiche, le foto osé, l’amicizia con qualche ministra, le lamentele della moglie sospettosa.
Nel caso della proposta dell’Udc, c’era un’ulteriore ragione per non nascondersi dietro la foglia di fico della privacy. I politici sono uomini pubblici, pagati per servire il Paese, spesso con compiti di altissima responsabilità. Perché dovrebbe essere più pericoloso un povero cristo che guida la macchina dopo essersi fatto una canna, rispetto a un politico che decide misure di sicurezza, proposte di legge, che orienta i destini dell’economia, tra una sniffata di coca e una sbornia da vip? Perché se, come ci dicono gli esperti, le sostanze stupefacenti alterano l’equilibrio di una persona, l’Italia non ha diritto di sapere se è governata da gente nel pieno possesso delle proprie facoltà? Oddio, non è che ci facciamo illusioni. Ma sapere che molti parlamentari di propria spontanea volontà sarebbero disponibili ad un’operazione trasparenza ci farebbe molto piacere. Quanto meno ci farebbe sentire un po’ più sereni, per il fatto di non aver contribuito, con il nostro denaro, a procurare la roba.


brunofasani@yahoo.it

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