Roma

Disabili, città inaccessibile: impossibile salire sul 140

La pedana è fuori uso e sulla linea a loro « riservata» i disabili del terzo municipio restano a terra. L’odissea di una donna

Anna Frangione

Viale XXI Aprile, fermata della linea 140. Il sole batte a picco, sono le 14,15. «Ancora lei? Non può salire signora, questo bus non è abilitato». Sulla carrozzeria, il logo del servizio trasporto disabili. Tono esasperato, quello dell’autista del bus 5787 da nove posti che da via XX Settembre arriva a via della Batteria Nomentana. Ma non ha alcuna ragione per essere spazientito. La linea in questione è nata nel 2003 proprio per trasportare passeggeri disabili e anziani che devono raggiungere le strutture pubbliche come l’ufficio postale di piazza Bologna, la Asl di via dei Frentani, il Policlinico Umberto I.
Non è la prima volta che Roberta S., 48 anni, accompagnata da due volontarie, resta a terra. Per motivi sempre differenti: qualche giorno fa, per esempio, le pedane della vettura 5789 non erano funzionanti. Ma questo è solo uno degli ostacoli a lei «riservati». Sono le 9,30. Arriva puntuale a domicilio il bus della Trambus, un servizio gratuito, realizzato con il V dipartimento del Comune, al quale Roberta si rivolge due, tre volte a settimana. Gli spostamenti per la città sono concordati con due giorni di anticipo e la richiesta è accettata la sera prima. Per chi è coinvolto «è come essere appesi a un filo». Una pianificazione faticosa, ma che almeno permette di raggiungere i luoghi delle cure riabilitative. Prima di partire, però, bisogna rimuovere il primo ostacolo. Una motocicletta è parcheggiata proprio nello spazio «giallo» per i disabili. Come se non bastassero le barriere architettoniche, i marciapiedi sconnessi, i passaggi occupati, l’assenza di pedane, esiste l’indifferenza del vicino.
Roberta è una donna attiva e combattiva. Non vuole sentir parlare di utopia. La città di Roberta deve essere a misura di tutti perché la giornata non può snodarsi in un percorso a ostacoli. «Se il parco pulmini fosse sufficiente a soddisfare le richieste - ha scritto in una lettera alla Trambus, senza ricevere risposta - se questa società fosse leggermente più civile, forse non avrei bisogno di essere “scarrozzata” secondo legge». La destinazione del viaggio è il Centro per l’autonomia dove, tra le diverse attività, sono ricostruiti spazi domestici più accessibili e si possono provare diversi ausili per scegliere quello che più risponde ai bisogni. «I mezzi di trasporto per i disabili sono insufficienti - dice la coordinatrice del centro Patrizia Sperlongano -. Molti progetti sono interrotti a causa della difficoltà a raggiungerci». Dentro, un mondo che comprende e capisce la realtà di Roberta, fuori uno spazio urbano non pensato per le sue esigenze. E questa è solo una giornata. Poi ci sono quelle in cui bisogna pagare le bollette e la posta di piazza Bologna è una fortezza accessibile solo gradino dopo gradino. L’unica rampa per disabili è chiusa da un lucchetto. Poi ci sono gli ascensori dell’Asl troppo piccoli per fare entrare le «due ruote», gli ascensori delle stazioni della metropolitana che non sono tutti fruibili. Ritirare i soldi al bancomat, andare in banca, scendere dal marciapiedi per attraversare la strada, sono tutte azioni quotidiane impossibili da svolgere autonomamente. Ecco perché va ripensato lo spazio della comunità e monitorato lo stato dei servizi pubblici di trasporto riservati ai disabili.

«È pazzesco, le corse ad agosto sono diminuite, - lamenta Roberta - ho paura dell’estate».

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