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Dl "svuota carceri", primo sì E la Severino rassicura: "Non è una resa ai criminali"

La Camera conferma la fiducia al governo Monti. Passa a 18 mesi il periodo di fine pena da scontare: 3.300 detenuti torneranno in libertà. Lega e Idv contrari

Dl "svuota carceri", primo sì E la Severino rassicura: "Non è una resa ai criminali"

"Non è una resa dello stato né uno scaricabarile. I delinquenti 'veri' rimarranno in carcere a scontare la pena; io sono favorevole a che la pena sia scontata". Il ministro della Giustizia Paola Severino lo dice chiaramente sbito dopo che l'Aula della Camera ha confermato la fiducia al governo Monti. Questa mattina il decreto legge ribattezzato "svuota carceri" è, infatti, passato con 420 voti favorevoli, 78 contrari (leghisti e dipietristi) e 35 astenuti (Popolo e territorio e Radicali).

Sul provvedimento, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 16 dicembre, si era abbattuta una pioggia di emendamenti. Il decreto scade, tuttavia, il 21 febbraio, con una discussione a Montecitorio iniziata solo il 18 gennaio. Di qui la scelta del governo di porre la fiducia. Poco prima del voto, però, il leader del Carroccio Umberto Bossi ha ribadito il proprio "no" al decreto: "Questi provvedimenti non hanno mai funzionato. Speriamo funzionino stavolta". Ma è proprio la Severino a confermare la validità del decreto: "C'è un disegno di legge già passato in Consiglio dei ministri per affrontare la politica carceraria che prevede ad esempio misure alternative alla detenzione". Per la titolare del dicastero di via Arenula, "il decreto è un pezzetto di un mosaico" e, per questo, bisogna vederlo inquadrato nel disegno complessivo. "Quando si dice 'svuota carceri' - ha chiosato il Guardasigilli - si dà una informazione parziale e si desta allarme sociale". Replicando alle critiche mosse dall'opposizione, la Severino ha puntualizzato che "non è un decreto a seguito del quale le carceri si svuotano" perché "ci sarà un magistrato che valuterà la pericolosità sociale e il detenuto uscirà solo se meriterà gli arresti domiciliari".

I cinque punti del decreto introducono "il divieto di portare in carcere le persone arrestate per reati di non particolare gravità, prima della loro presentazione dinanzi al giudice per la convalida dell’arresto e il giudizio direttissimo, per evitare le cosiddette 'porte girevoli' in carcere, ovvero le detenzioni pari o inferiori a 48 ore". In questi casi l’arrestato verrà custodito dalle forze di polizia nelle camere di sicurezza nelle questure. Proprio l’utilizzo delle camere di detenzione ha suscitato preoccupazione in chi, come la deputata futurista Angela Napoli, ha paventato il maggior carico di lavoro per la polizia: "Le detenzioni nei processi per direttissima riguardano 21-22mila dei 68 mila che ora sovraffollano le strutture penitenziarie in Italia". Il provvedimento estende inoltre a 18 mesi, dagli attuali 12, il periodo di pena finale da scontare ai domiciliari per le condanne non gravi. Secondo le  prime stime, circa 3.300 detenuti potrebbero così tornare a casa. Per quanto riguarda l’adeguamento e il potenziamento delle carceri è stata autorizzata la spesa di 57,2 milioni di euro.

Con il voto di oggi a Montecitorio il premier Mario Monti vede calare, ancora una volta, la maggioranza. Un calo che, fiducia dopo fiducia, è stato pressoché progressivo.

Andando a ritroso nel tempo, infatti, il decreto milleproroghe aveva ricevuto 469 voti favorevoli il 26 gennaio, il 16 dicembre la manovra aveva incassato 495 "sì" e il 18 novembre, quando il Professore si era insediato a Palazzo Chigi, poteva contare su 556 preferenze.

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