Cronaca locale

Donna Elvira arriva in Vespa e «punge» ancora don Giovanni

Torna oggi alla Scala Don Giovanni frutto, insieme a Le Nozze di Figaro e Così fan tutte, del magico incontro tra Wolfgan Amadeus Mozart e Lorenzo Da Ponte, un trittico di capolavori all’interno del quale è veramente impossibile scegliere il «migliore». L’opera è griffata e irresistibile anche per il libretto dello scapestrato abate di Ceneda. Letterato, libertino, giramondo, vita avventurosa comprensiva di conversione e cambio di nome causa matrimonio paterno, intuito che supera per immediatezza di presa, il dettato metastasiano. Da Ponte, senza il quale quei Mozart perderebbero parte della loro genialità, per il suo «convitato di pietra» si collega, via Giovanni Bertati, al Seicento di Tirso de Molina e al suo Burlador.
Anche la programmazione scaligera, in virtù della complessità musicale e psicologica del «dramma giocoso» mozartiano, non è tra le più generose. E in ogni caso sempre affidata al meglio. Il Walter degli anni Trenta, il Böhm del Quaranta, il Karajan del Cinquanta. Poi, il 7 dicembre 1987, la coppia Muti-Strehler che firma tutte le riprese fino al ’99. Quindi il silenzio. Ma nel 2006 a sorpresa, e a poca distanza dalla burrascosa rottura di Riccardo Muti, il teatro riprende il titolo consegnandolo al venticinquenne Gustavo Dudamel.
Adorabile figlio del sistema Abreu e del Venezuela, pupillo di Abbado, evento nell’ambito dei baby direttori di moda nei più importanti teatri europei. Gustavo è anche il primo latino-americano, oggi affiancato da Diego Matheuz. Stessa provenienza e stessa sponsorizzazione culturale. Impossibili e inutili i paragoni con il passato anche prossimo. Ma Dudamel se la cava salvato, pur nell’acerbità dell’impianto, da una rara musicalità. Quanto all’allestimento di Peter Mussbach, lo stesso di oggi, nel 2006 arriva dall’Unter den Linden di Berlino. Con la singolare accoppiata Dudamel-Mussbach si apre l’era Barenboim, direttore musicale a Berlino e «maestro scaligero» a Milano. Nel presentarsi lo scenografo-regista insiste soprattutto sul concetto di «società», che nell’opera accorpa le classi: la Rivoluzione è alle porte ma non le ha ancora spalancate. Alla prova dei fatti si conteranno alcune cadute. Tuttavia i due parallelepipedi neri e mobili attorno ai quali si affannano personaggi che ora ne vengono ingoiati come se le strutture fossero muri di un quartiere vecchia Spagna e ora esaltati, danno un senso di astrazione che è già un bel passo avanti rispetto alla proverbiale grevità degli allestimenti austro-tedeschi. Salisburgo inclusa.
Il regista se la cava meglio dello scenografo. Isola la figura archetipica e incombente di Don Giovanni, dà spessore e comicità al perpetuo inseguimento di Donna Elvira, nobiltà e prepotenza stemperata in segreti languori a Donna Anna, freschezza popolare ai «giovinetti che fanno all’amore», tutti bianchi, travolti dall’ardore, guidati da Masetto e Zerlina. Che è femmina e come tale si comporta nel suo «vorrei e non vorrei» col seduttore.
C’è rimpianto e nostalgia. Ma alla regia va soprattutto il merito di cogliere l’unicità del genere cioè, come annunciano sin dall’inizio gli accordi minacciosi e le raffiche di note illividite risolte sulla verve e la tonalità dell’entrata di Leporello, del mix di gioia e dolore che conferisce a ogni umana situazione un duplice volto. Ci siamo dilungati su Mussbach perché appunto da questa sera al 14 febbraio regia e scene sono le sue, le stesse del 2006. Speriamo con qualche ritocco. La Vespa parcheggiata sotto la casa di Elvira ci sarà ancora?
Una sorpresa il podio. Ovvero il cinquantenne francese Louis Langrée, che conosciamo poco anche perché tenuto per qualche tempo fuori gioco da un qualche malanno. Uno con un curriculum grande così che lo dice ferrato su ogni repertorio ma che qualcuno suggerisce particolarmente votato a Mozart. Che la sorpresa di questo Don Giovanni sia lui? Per il resto il baritono-basso uruguaiano Erwin Schrott Don Giovanni (voce auterovele, senso della trasgressione, calzoni di pelle e torso nudo che in uno come lui proprio non guasta), Carmela Remigio Donna Anna, Juan Francisco Gatell Don Ottavio, Emma Bell Donna Elvira, Alex Esposito Leporello.

Complessi del teatro.

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