Politica

Le due sanità di Messina che l’Italia non può sopportare

Laura ha trent’anni e non ha più l’utero. Le è stato asportato chirurgicamente e d’urgenza per una grave complicanza avvenuta durante un disastroso parto cesareo, praticato giovedì scorso al Policlinico di Messina da due ginecologi in lite tra di loro e venuti alle mani nella stessa sala operatoria. Uno era il ginecologo della signora che aveva privatamente seguito la gravidanza e voleva farla partorire lui, pur non essendo di turno nel suo ospedale (...)
(...) quel giorno, e l’altro era invece il ginecologo di guardia, l’unico abilitato per legge, in quella data, a intervenire.
Il parto non era programmato, doveva essere naturale, a termine di una gravidanza regolare e Laura alle prime doglie ha avvertito il ginecologo e si è recata nel suo ospedale, dove aveva più garanzie e dove si sentiva più sicura. Come molte altre donne aveva scelto la sanità pubblica. Sappiamo com’è andata a finire. Il parto si è complicato, è stato praticato un taglio cesareo, c’è stata una grave e inarrestabile emorragia dall’utero che ha causato due arresti cardiaci al neonato. L’utero è stato rimosso chirurgicamente per salvare la vita alla madre. Il cuore del figlio appena nato è stato defibrillato per due volte per riportarlo in vita, ha ripreso a battere e il neonato ora è in coma farmacologico. Nell’utero quel neonato era un bimbo sano e ora forse resterà spastico per tutta la vita per i probabili danni cerebrali causati dalla prolungata carenza di ossigeno.
Laura e il suo unico figlio sono le ennesime vittime della malasanità? Certamente, ma qui c’è qualcosa di più. C’è evidente un esempio di scontro tra due sanità, quella pubblica e quella privata e la ribellione alle rispettive rigide regole. Evidentemente in quel policlinico c’era chi le regole era abituato a non rispettarle, e di conseguenza c’è stata anche una prolungata assenza di controlli, come spesso avviene nelle Regioni che hanno un enorme deficit di spesa e che oggi sono sotto commissariamento. Altrimenti non si sarebbe arrivati a tanto, a un episodio così grave che riflette la negazione della professionalità e dell’etica medica, e che ferma i riflettori sulla Sicilia, una regione che cerca faticosamente di risalire la china dei costi economici e degli sprechi, essendo stata sottoposta di fatto ai piani di rientro della spesa sanitaria.
Ma la gestante che con fiducia sceglie la sanità pubblica per dare alla luce il proprio figlio, deve essere garantita e tutelata dall’inizio alla fine della sua degenza e non rovinata per tutta la vita. Ai pazienti non importa nulla della riqualificazione della rete sanitaria territoriale o regionale, della struttura pubblica utilizzata per lucrare politicamente ed economicamente, o dei medici che vogliono guadagnare privatamente anche negli ospedali pubblici. Il paziente che si rivolge a un nosocomio lo fa perché ha bisogno di aiuto, perché sta male e intende affidarsi a professionisti garantiti dallo Stato e a una struttura competente che la Regione finanzia e tiene aperta con su scritto «Ospedale», un luogo di cura, di urgenza e di emergenza e che si spera operi da salvavita.
Laura in quel policlinico invece la vita l’ha avuta distrutta.
Molti pazienti sono seguiti da medici privati per i controlli di routine, per le influenze stagionali o per piccoli incidenti, ma spesso quando insorge un emergenza e se è grave, ci si rivolge agli ospedali, dove è garantita la presenza di tutti gli specialisti eventualmente necessari, dove le sale operatorie sono aperte 24h, dove l’urgenza è sempre assicurata e dove ci si aspetta di essere semplicemente curati e non ammazzati.
Il connubio tra sanità pubblica e privata che in alcune regioni è a livelli di eccellenza, in altre e soprattutto in quelle del sud, soffre ancora di cattive abitudini difficili da sradicare, di amministratori che hanno lasciato galoppare la spesa e di direttori sanitari che non hanno diretto a dovere. Oggi i governatori di queste regioni devono assolutamente impegnarsi a garantire il funzionamento delle strutture sanitarie, che devono essere efficienti a tutela dei propri cittadini per non far sentire quelli calabresi o siciliani di serie B rispetto a quelli lombardi o veneti se si dovessero ammalare o peggio se dovessero solo provare a far nascere i propri figli in quelle regioni.
Non è una missione impossibile. Né politicamente né economicamente. Impossibile e incredibile è quello che è successo a Laura e al suo bambino.

Che appena nato ha già dovuto fare i conti con il peggior esempio della nostra sanità pubblica.
Medico e deputato Pdl

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