Le due sinistre in piazza a sfilare «contro ignoti»

Mentre scrivo, le strade di Roma sono percorse da un corteo che ne ricorda tanti altri, bandiere rosse e iridate, simboli della sinistra estrema, quella politica entro e al di là dei due partiti comunisti e dei Verdi, e quella sindacale, Fiom-Cgil. Cobas, sindacati autonomi. E assieme c’è la solita componente movimentista che ne costituisce l’aspetto diciamo più imprevedibile. I manifestanti, par di capire, non ce l’hanno con il governo in quanto tale, che in buona misura li rappresenta, ce l’hanno semmai con una parte che definiscono prigioniera dei poteri forti, della Confindustria, e di quei «poteri occulti» che popolano la fantasia della sinistra-sinistra. Qualcuno ha aggiunto che è una strana manifestazione «contro ignoti». Nel mirino c’è la riforma delle pensioni, che non si deve fare, la Biagi che va cancellata, in nome dell’utopia del posto fisso per tutti. A guardar bene, e a dar retta alle richieste di una sinistra che si immagina rivoluzionaria, tutto si ridurrebbe a lasciare le cose come stanno, perché ogni cambiamento fa paura, e non può essere che peggio del presente.
Pensioni e legge Biagi sono un argomento difficile per il governo, che in proposito è diviso, e il corteo di oggi non aiuta Romano Prodi. Ciò induce un osservatore di buon senso, Massimo Giannini, su Repubblica a scrivere un articolo intitolato La sinistra contro sé stessa, a chiedersi che logica ci sia nell’accanimento contro un governo che la sinistra la rappresenta tutta intera, dall’area più moderata a quella alternativa, senza contare il peso che hanno in questa situazione i sindacati e la Cgil in particolare.
Il problema è che di sinistre in Italia ce ne sono diverse, limitiamoci a due: una, la «riformista» che si propone, in mezzo a mille confusioni, di governare la società quale è, nei suoi ordinamenti istituzionali e sociali. Insomma, il capitalismo, anche se il termine non le piace. E ce n’è un’altra che recita slogan oscuri quali il «superamento del capitalismo», che nessuno sa cosa significhi una volta assodato che il comunismo, l’alternativa del secolo passato, è fallito e neppure i «rifondatori» di Bertinotti sanno spiegarci come si propongono di farlo rivivere.
La eccezionalità del caso italiano è che le due sinistre in Italia e solo in Italia governano insieme. In Europa è roba vecchia, i due partiti comunisti latini di dimensioni rilevanti, quello spagnolo e quello francese, sono stati liquidati con la fine del muro di Berlino e dell’Urss, in Germania, l’Spd di Schröder ha rifiutato l’alleanza con verdi e sinistre estreme, e ha preferito cedere la Cancelleria alla Merkel piuttosto che precipitare il Paese in una alleanza come quella al potere in Italia. A tenere il nostro Paese aggrappato a quel che resta del comunismo europeo, c’è solo il governo Prodi.
La manifestazione sulla quale siamo in molti a riflettere vede unite sinistre parlamentari ed extraparlamenti, spezzoni del sindacalismo estremista e movimenti vari, il tutto però con la partecipazione di pezzi di partiti di governo e perfino di ministri e sottosegretari. I riformisti non reagiscono alla sfida se non con riprovazioni verbali perché legati al comandamento leninista del «nessun nemico a sinistra», che non significa solo amici ma come in questo caso, semmai, complici. I risultati sono ormai chiari, nessuno può farsi illusioni sulla deriva che ci aspetta. Soltanto la fine del governo Prodi può far intravedere un destino diverso a questo sfortunato Paese.
a.

gismondi@tin.it

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