Stile

E agli Uffizi di Firenze la sfida a colpi di clic è davanti a Botticelli

Da Torino a Capodimonte i visitatori incitati a fotografarsi. Solo in America sono ancora contrari

Francesca Amé

Siamo l'esercito del selfie e il museo è la nostra nuova terra di conquista, tra grandi successi e qualche (momentanea) disfatta. partiamo dai primi, che sono sotto gli occhi, anzi sugli schermi, di tutti: non c'è quasi visitatore della mostra dedicata a frida kahlo in corso fino al 3 giugno al mudec museo delle culture di milano che non si sia fatto un selfie davanti a uno dei quadri della pittrice messicana di culto (femminista). «fatti anche tu uno scatto con frida, meglio se con un fiore tra i capelli», è la battuta che circola di più tra le guide del museo. il fenomeno non è isolato, e i social specie instagram, il pianeta dei selfie ne sono l'amplificatore perfetto. mentre scriviamo contiamo oltre 55mila post su instagram taggati #museumselfie e su twitter, altro social dove il selfie ad arte ha trovato terreno fertile, è stato aperto il profilo @museumselfieday (con un seguito di 10mila follower) per lanciare il #museumselfieday, la giornata del selfie al museo, una sorta di gara a colpi di selfie tra opere d'arte, rilanciata in rete da tutte le più importanti istituzioni museali del mondo lo scorso 16 gennaio. e se vero che l'operazione artistica a maggior tasso di selfie (con coda) resta per ora the floating piers, la passerella di christo sul lago d'iseo realizzata giusto due anni fa, l' artsy-selfie il selfie davanti alle opere d'arte - non è apprezzato solo dal pubblico di massa. un polo museale paludato come capodimonte ha invitato i suoi visitatori a fotografarsi davanti ai pezzi della sua collezione al motto «diventa anche tu promotore di bellezza», gli uffizi hanno lanciato il contest #botticellispringmarathon lo scorso 21 marzo, primo giorno di primavera, premiando il selfie più bello davanti al celeberrimo quadro-allegoria del pittore fiorentino, palazzo madama di torino e la gam sabauda sono «pro selfie» da tempo, così come tante esposizioni temporanee. solo per citare due esempi, già nel 2016 nella mostra-record su edward hopper a bologna compariva uno spazio per i selfie d'autore e a palazzo reale di milano nella monografica dello scorso autunno su escher, campione delle illusioni ottiche, c'era un selfie-corner per ricreare un autoritratto sulla sfera simile a quello realizzato dell'artista. sì, alcune istituzioni come lo smithsonian di washington restano fermamente contrarie all'uso dello smartphone nelle sale espositive, ma la tendenza generale è quella di vietare i selfie-stick (pericolosi per gli urti alle opere, a causa della sbadataggine dei visitatori), ma di guardare con pragmatico favore all'autoscatto. poiché oggi ciò che non si posta sui social (quasi) non esiste e poiché i selfie sono il prodotto più apprezzato del web, i musei cercano di gestire al meglio la partita, stimolando un uso quanto meno responsabile e creativo del «selfie in sala» contro le peggiori cadute di stile. che non mancano, ovvio. l'ultima in italia ha per protagoniste quattro signore che, oltrepassando le barriere di protezione, un paio di settimane fa si sono fotografate sedute sul trono, fresco di restauro, di ferdinando ii e francesco ii di borbone, a palazzo reale di napoli: foto virale ribattezzata «il selfie della vergogna» e rimbotti per omesso controllo al personale di vigilanza del museo. degenerazioni a parte, oggi chi va per mostre amplifica il proprio piacere estetico avvicinandosi, almeno prospetticamente, ai capolavori proprio grazie ai selfie.

i musei cadrebbero in errore a derubricare l'artsy-selfie a moda passeggera: tra le sfide più importanti per la loro sopravvivenza, c'è quella di sapersi muovere in sapiente equilibrio tra la sostanza di ciò che propongono e un allestimento acchiappa-like.

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