Cronache

E per cominciare tagliate i rami secchi

E per cominciare  tagliate i rami secchi

L'idea del cosmo come albero è piaciuta a tante tradizioni, perfino il casereccio albero di Natale può essere letto in questa chiave, le luci sono le stelle, i globi di vetro i pianeti, il tronco, con la sua linfa vitale suggerisce l'immagine della verticalità, il rapporto tra l'uomo e gli dei, mentre i rami, protesi come braccia, evocano appunto l'abbraccio che avvicina ogni uomo agli altri uomini, collegati da rapporti di affinità.

Così il cielo 2018 può divenire ai nostri occhi il sacro boschetto della dea Strenua, dal quale gli antichi romani coglievano rami d'alloro per donarli con intento benaugurale proprio a capodanno, insieme a «candidi vasi di miele e fichi rugosi» perché, come precisa il poeta Ovidio «l'anno qual cominciò sia dolce». Ecco qua i nostri pianeti nell'ordine di importanza con cui nel nuovo anno compaiono a mutare non tanto la scena del mondo quanto piuttosto gli occhi con cui la guardiamo. Il sogno dell'uomo, faber vitae suae, può essere molto discusso. Altrettanto discutibile la credenza in un fato cieco, che distribuisce casualmente il bene e il male, senza distinzione sociale e tanto meno data di nascita. Perché le stelle e le sottili energie, di recente ipotizzate anche dalla fisica di frontiera, forse non sono soltanto segnali, avvisi del cielo accesi come fari sul nostro cammino, ma tanti campi energetici che ci attraggono o ci respingono, ci seducono o ci spaventano, non tanto per il corso degli eventi ma per il nostro di leggerli e recepirli. 2018, anno del giro di vite, infatti secondo l'antica numerologia sommando le ultime due cifre, 1+8, otteniamo 9, che conduce all'idea del compimento, un parto al termine della gravidanza, una trasformazione epocale. Aggiungendoci 2, la cifra del millennio, si arriva a 11, numero della ribellione e della libertà conquistata attraverso la forza del pensiero. Limitazione e liberazione, necessità e libero arbitrio, tutto coesiste in questo strano periodo di passaggio. Saturno (antico dio della Terra e del Tempo), appena approdato in Capricorno, casa sua, propone regole ferree, invitandoci a selezionare sogni e bisogni, e a tagliare i rami secchi, tutto ciò che non è più parte vivente della vita, per lasciar spazio al nuovo e all'input che verrà. E a portarlo sarà Urano, il dio del cielo stellato, anche lui a un cambio di segno, infatti lo ritroveremo in Toro, precisamente tra maggio e novembre. Chiarissimo il segnale: via tutto, i vecchi schemi e gli antichi pregiudizi, le sicurezze di ieri, gli attaccamenti alla nostra terra personale, la casa, il conto, i rapporti svuotati ma ancora lì con le sembianze di un passato ostinato.

Nel frattempo altre stelle si accendono, Giove, come Freud con la vanga d'oro, a scavare nell'inconscio, in cerca di simboli, miti, sogni, in un percorso di autoiniziazione. Solo più tardi, pago, volerà in Sagittario, col suo bagaglio da giramondo, ma intanto saranno già arrivate le brume novembrine. Compiti ardui che reclamano volontà e coraggio e chi ce li regalerà se non Marte, alias il greco Ares, accompagnato dal lupo e dai cavalli indomabili, anche lui lungamente in bilico tra Capricorno e Acquario, passato e futuro. Ultima ma non ultima, dopo tutte queste sofferte trasformazioni, l'allegria beffarda del piccolo Mercurio, il piede alato descritto da Omero, quest'anno ancora più dinamico grazie all'elemento Fuoco che lo ospiterà a lungo in Ariete, quindi in Leone e infine Sagittario. Testa calda, cuore bollente, reazioni immediati, come l'impulso del pazzo che in un nano secondo può cambiare tutto.

Che fare allora in questo scenario trasformista, impigliati tra curiosità verso il nuovo e nostalgia del vecchio? L'ultima parola ancora a Saturno, falcetto per la potatura alla mano. Ma se è vero che come alberi eterni anche noi abbiamo radici profonde nel terreno e occhi rivolti al cielo, non sarà il taglio di pochi rami secchi a impoveririci. Piuttosto ci arricchirà, perché solo facendo il vuoto che si può riottenere il pieno. Parola del Tao Te Ching.

Segno per segno sentitevi allora il pino di Attis o la quercia di Giove, il melo di Afrodite o il salice della Luna... Ciascuno col suo carattere e le sue storie, prendete forza e nutrimento dalla terra e intanto tenete d'occhio il cielo, preparandovi a lasciare qualcosa per avere in cambio qualcos'altro. Così era scritto su una piastrella in un'antica villa romana, sempre a proposito dell'antico dio del tempo celebrato tra il solstizio e capodanno.

Una massima severa e profonda, che val la pena di ricordare e fare propria «porta con te ciò che non puoi lasciare, lascia dietro di te ciò che non puoi portare».

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