Controcorrente

E ora si condivide anche l'ombrellone

È possibile subaffittarlo quando non si usa. Tutti ci guadagnano, anche i gestori dei bagni

E ora si condivide anche l'ombrellone

Tutto è nato con la condivisione dell'auto per i tragitti più lunghi. Poi il metodo è passato al settore degli affitti brevi, con algoritmi che incastrano i periodi di soggiorno senza lasciare periodi sfitti. Ora il modello della sharing economy arriva anche in spiaggia. E viene applicato all'ombrellone. Già, a quel metro quadro d'ombra con due lettini che, su certi litorali, costa più dell'affitto di una casa.

L'idea è semplice quanto efficace. Parte dal presupposto che ognuno al mare ha le sue (sacrosante) abitudini: c'è chi in spiaggia ci va solo la mattina presto, c'è chi «spezza» la tintarella con pausa pranzo e riposino pomeridiano per poi ripresentarsi in spiaggia alle 17, c'è chi noleggia l'ombrellone per tutto il mese ma magari si assenta per qualche giorno. Due giovani startupper torinesi, Stefano Gremo e Giulia Schillaci, hanno lanciato il loro progetto: Playaya, una piattaforma che mette in contatto chi ha l'abbonamento di un ombrellone in uno stabilimento balneare con i bagnanti dell'ultimo minuto, che magari hanno bisogno di un punto d'appoggio solo per poche ore. Basta entrare nell'app per vedere in tempo reale i posti disponibili. Ad esempio, a Spotorno, bagni Colombo sul lungomare Kennedy, la famiglia Rossi mette a disposizione un ombrellone in prima fila a 30 euro anziché 50. O ancora: Terracina, stabilimento Acquario a mare, il signor L.C. subaffitta a 12 euro l'ombrellone «di famiglia» per quattro giorni. E così in numerose altre località, per ora tutte concentrate tra Liguria e Versilia. La «bacheca» virtuale è al primo anno di attività ma al momento sembra funzionare. Chi presta il suo posto in spiaggia recupera fino al 60% delle spese, chi cerca solo per qualche ora risparmia rispetto al prezzo pieno. I gestori dell'app e i responsabili dello stabilimento balneare si spartiscono il 40% della tariffa incassata e tutti hanno il loro tornaconto.

«All'inizio eravamo un po' titubanti sulla reazione degli stabilimenti - spiega Giulia - ma sta andando bene. Quest'anno è un test, l'anno prossimo amplieremo il numero di litorali». In effetti per gli stabilimenti, avere sempre qualcuno sotto l'ombrellone significa avere anche più coda al bar.

Fondata pochi mesi fa a Torino, la società è stata ideata quasi per caso durante la scorsa estate in Sicilia: Stefano e Giulia, arrivati davanti a uno stabilimento che sembrava mezzo vuoto, si sono sentiti dire dal gestore che era tutto occupato. «Ma come?» si dono detti. E da lì hanno deciso di arrangiarsi. Grazie a un'amica, hanno saputo di un ombrellone utilizzato poco e si sono proposti per usarlo nel tempo in cui era libero. Lì sotto, finalmente al fresco, si sono messi a chiacchierare: «Chissà in quante altre spiagge si potrebbe fare così?». Detto fatto.

Tornati a casa si sono messi a studiare l'app «per dire addio al caos delle spiagge libere» ma contemporaneamente per «dare la possibilità a tutti di non dover per forza pianificare» mesi prima la vacanza.

MaS

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